Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La crociata anti - burqa Quando l’intolleranza è nascosta dalla paura
ARovigo, su una panchina di un parco giochi, era seduta una donna musulmana con il burqa che le copriva quasi interamente il viso, lasciando visibili solo gli occhi; essa vigilava sul suo bimbo che stava usando l’altalena. Ciò ha scatenato varie proteste – anche da parte del sindaco di Rovigo Massimo Bergamin – che, perlopiù, tentano di celare dietro motivi di sicurezza quella che in realtà è la loro intolleranza religiosa. Invero chi vuol compiere un atto terroristico, cerca di passare inosservato ed è improbabile che usi un abbigliamento così particolare; allora si dovrebbe vietare anche l’uso del casco integrale, che cela ancor più il volto, da parte dei motociclisti pure quando circolano per strada. In realtà in entrambi i casi, anche in base alla normativa esistente, può essere chiesto di sollevare il burqa e di aprire il casco per procedere all’identificazione. L’imposizione del velo alla donna ha, peraltro, origini antiche e, in proposito, cito due passi importanti: «Voglio che sappiate che capo della donna è l’uomo. Ogni donna che prega senza velo sul capo manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata». In linea generale: «Nelle riunioni delle comunità le donne devono avere sul capo il velo in segno di umiliazione per la loro bassezza: portare il velo significa vergognarsi a causa del peccato introdotto nel mondo a causa della donna». Dove si ritrovano le succitate affermazioni misogine? Sono nella, fondamentale per il Cattolicesimo, Prima lettera di San Paolo ai Corinzi, della quale alcuni brani, a quanto mi dicono, sono frequentemente letti durante le messe. Ne consegue che un cattolico ortodosso dovrebbe stigmatizzare il fatto che, attualmente, le donne partecipano alle varie riunioni della nostra comunità senza indossare il velo. Sto esagerando? Forse sì, ma non più di coloro che vogliono contrastare il burqa su tutta la linea.