Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Coimpo, paura per le bonifiche chiesto l’aiuto di Arpav e Usl
Intanto i carabinieri tolgono i sigilli a uno dei due terreni sequestrati
Non ci saranno solo i sindaci dei sette Comuni potenzialmente interessati dallo spargimento dei fanghi inquinanti della Coimpo, convocato per l’1 febbraio ad Adria su proposta di Gianluca Bernardinello, sindaco di Pettorazza, dopo l’arrivo nei municipi della relazione dei carabinieri forestali sui campionamenti condotti su 377 ettari di terreno agricolo. Rilevazioni fatte nell’ambito delle indagini sull’azienda di lavorazione rifiuti di Ca’ Emo, i cui vertici sono stati arrestati lo scorso dicembre dalla Dda di Venezia per traffico illecito di rifiuti, almeno dal 2010 al 2014. In misura più ridotta, il traffico sarebbe proseguito fino a estate 2016 quando la produzione in Coimpo, dove il 22 settembre 2014 persero la vita quattro persone in un incidente sul lavoro, s’è fermata definitivamente.
«Abbiamo chiesto – spiega Bernardinello - l’intervento di Arpav, Usl, Provincia, carabinieri forestali per capire cosa fare e come farlo». Certo c’è preoccupazione nell’area che include Adria, Pettorazza, Ceregnano, Gavello, Villadose, San Martino di Venezze, Papozze. «La bonifica vera e propria, al momento, pare difficoltosa – continua - bisogna verificare quanto in profondità siano arrivate le sostanze potenzialmente pericolose. Ai costi non voglio nemmeno pensare: rischieremmo il default in tutti i Comuni. Nel caso, chiederemo aiuto a Regione e Stato».
Venerdì intanto i carabinieri della Forestale hanno tolto i sigilli a uno dei due fondi agricoli finiti sotto sequestro lo scorso mese nell’ambito dell’inchiesta del pm Giovanni Zorzi della Dda di Venezia. Si tratta del fondo Valnova a Bottrighe di Paola Gagliardo (113 ettari) che avrebbe ricevuto 33.500 tonnellate di correttivo (materiali utili a modificare e migliorare le proprietà chimiche del suolo) dallo stabilimento di Ca’ Emo. La donna non è indagata nel procedimento perché con Coimpo aveva solo un rapporto di affitto dei terreni, poi chiuso nel 2016 tanto che gli ettari ora sono affittati ad un’altra società che li sta coltivando. Dal 2010 al 2014, periodo in cui avrebbero ricevuto le tonnellate di correttivo Coimpo, i 113 ettari sono stati coltivati a grano e mais. «Non avevamo nemmeno fatto istanza di dissequestro. La Dda ha preso atto dell’impossibilità di reiterare il reato da parte di Coimpo», commenta l’avvocato di Gagliardo, Franco Portesan.