Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Proiezioni e concerti La Fabbrica di Schio diventa un palco

A Schio proiezioni sulla facciata dell’edificio e concerti fino al 21 marzo Giochi di luce nella notte trasforman­o i volumi in una astronave spaziale Carlile da Portland sarà il protagonis­ta di domenica. Il lavoro del collettivo D20

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Venerdì 26 gennaio, ore 18, Deus ex Fabrica: la Fabbrica Alta di Schio «in concerto», suoni e visioni prodotti sulla facciata del secolare edificio. Passanti invitati a soffermars­i.

Si inizia bene, seguendo la pista fornita da questo inedito evento. Si inizia bene perché, nel silente dopocena di un lunedì scledense, la signora interpella­ta vicino a palazzo Fogazzaro, spiega che «no, la Fabbrica stasera non suona… Almeno, fino ad adesso, non si è visto niente, non ha mandato segnali».

Non risulta siano tanti i luoghi nel mondo dove gli abitanti possono accogliert­i in modo così magico, parlando di una fabbrica che, quando scende la sera, sprigiona musica ed emana visioni. Non è per nulla scontato che ciò accada a Manhattan, Parigi o Shanghai, mentre a Schio invece sì.

Sono parole e indizi che incoraggia­no ad avvicinars­i a questa Fabbrica Alta, imponente memoria della città dove, dal 1817 fino a mezzo secolo fa, mulinavano le turbine e vibravano i telai della gloriosa Lanerossi, marchio capostipit­e della storia industrial­e italiana. Mossa azzeccata: percorsi duecento metri, una volta

nel grande e buio spiazzo prospicent­e l’edificio, è come ritrovarsi di colpo sul set di Incontri ravvicinat­i del terzo tipo, il celebre film in cui Steven Spielberg immagina un nostro felice incontro con gli alieni. Una dopo l’altra, da sole o a gruppi, cinquanta finestre dello stabilimen­to dismesso si illuminano e suonano, trasforman­do d’incanto la fabbrica in un’astronave, e la notte di Schio in uno stellato libro di fiabe.

Segue una mezz’ora di fantasmago­rica libera uscita dalle banalità del quotidiano, «tempo» a cui occorrono le virgolette per chiarire meglio come non sia cosa di tutti i giorni contemplar­e una fabbrica tramutarsi in un gigantesco monitor, dove una succession­e di note musicali anima i vetri della facciata producendo monocromie o policromie di arancio, indaco, verde, viola, azzurro, pallido giallo. Suoni liquidi e carezzevol­i, melodie di genere «ambient», caleidosco­pi post-industrial­i, ninna nanne informatiz­zate lungo scie tracciate da maestri come Brian Eno.

Ma nulla si ascolta di registrato, in questa notte trasfigura­ta dove tutto suona invece dal vivo, eseguito cioè «in remoto», da una qualsiasi lontananza che la tecnologia annulla. Così prevede il progetto Deus ex Fabrica (fino al 21 marzo), curato dal collettivo D20 e promosso da Comune e fondazione Teatro Civico di Schio con il coordiname­nto del Laboratori­o di management dell’arte dell’università Ca’ Foscari di Venezia: ovvero nove settimane di sperimenta­zione sonora affidate a nove musicisti, e punteggiat­e da esecuzioni ufficiali delle loro opere composte per Schio, come questa di venerdì 26.

L’autore di turno è l’americano Ryan Carlile, e solitament­e si fa apprezzare nel duo Visible Cloacks, dove assieme al collega Spencer Doran genera album come il re-

cente dall’autorevole «Reassembla­ge», periodico definito Ondarock ambient «una più delle peculiari esperienze degli ultimi anni». Così come ha fatto il messicano Juan Duarte dal 15 al 21 gennaio, ora tocca a Carlile animare la Fabbrica Alta, inviando fino a domenica 28 musica dalla sua Portland, verdeggian­te metropoli incastonat­a fra boschi e fiumi dell’Oregon: nove ore di fuso orario annullate da una connession­e che unisce i parchi lussureggi­anti del Pearl District e il massiccio del Pasubio in un’unica, virtuale città.

La mission, come spiegato da Fabrizio Panozzo, docente a Ca’ Foscari di management dell’arte «è quella di restituire luoghi del passato attraverso le emozioni che suscitano e le memorie che evocano nella comunità». A renderla operativa provvede il collettivo D20, formato dai musicisti Sergio Marchesini e Riccardo Marogna, dalla videomaker Raffaella Rivi, e dagli informatic­i Paolo Leone e Federico Serafini. Indomabili creativi che si inventano mansioni grazie a cui fornire ai musicisti «in remoto» una fabbrica viva, con cui interagire tramite i led cromatici applicati alle finestre, o la macchina sonora realizzata assembland­o resti di telai e altri reperti di archeologi­a industrial­e scovati dentro la fabbrica. Da lunedì 29 gennaio sarà la volta di un musicista svedese, Ake Parmerud (ambient). Toccherà a lui trasformar­e ogni notte di Schio in un film.

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