Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Sautter: «Il Ballo del Doge, un sogno lungo 25 anni»

Antonia Sautter, l’ideatrice della festa che domani a Palazzo Pisani Moretta porterà oltre 150 artisti. «La mia città è ora diventata un incubo. I grandi artigiani del passato sono scomparsi, battuti dalla chincaglie­ria. Quando Bowie entrò in negozio...»

- Sara D’Ascenzo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

S e chiude gli occhi vede Venezia, costumi, divi. Se chiude gli occhi sono un lampo questi 25 anni del Ballo del Doge, l’appuntamen­to più elitario e misterioso del Carnevale di Venezia: la festa che si celebra domani sera a palazzo Pisani Moretta con più di centocinqu­anta artisti, costumi fatti a mano, scenografi­e da sogno, musiche, danze create per chi può spendere dagli 800 ai 2.500 euro in una sera. Di più, se si sceglie il servizio costumi personaliz­zato a domicilio. «Il caso non esiste. Questo è un dono del destino», dice Antonia Sautter, la creatrice del Ballo del Doge che domani, allo scoccare della Mezzanotte, festeggerà non solo il quarto di secolo della sua creatura, ma anche 60 anni: «A pensarci mi sono commossa - dice questa signora bionda, venezianis­sima ma tedesca per parte di padreper quello ho chiamato la festa Rebirth & Celebratio­n. Perché rinascerò sicurament­e. Allora avevo 35 anni e ora mi proietto verso i 100!».

Signora Sautter, negli anni sono stati suoi ospiti David Bowie, Zucchero, Vivienne Westwood, Marta Marzotto, Antonio Banderas. Come nasce il Ballo del Doge? «Tutto risale a quando ero bambina. Mia madre aveva capito quanto il Carnevale potesse avere un valore didattico. Usava i costumi per insegnarmi la storia e la geografia. Creava per me e i miei amici costumi meraviglio­si nel nostro appartamen­to di San Polo che ancora oggi è il mio atelier. Così abbiamo imparato tutto su Maria Antonietta e Caterina

Cornaro e le crociate». Dalle crociate parte il sogno, vero?

«Eh sì. Mia mamma è morta che avevo 17 anni, ma mi ha lasciato la passione per questo lavoro. Avevo aperto con grandi sacrifici un piccolo negozio dove vendevo le cose che creavo: maschere surrealist­e, bustier. Un giorno entrò Terry Jones dei Monty Python. Avevano bisogno di scenografi­e e costumi per una serie della Bbc sulla Quarta crociata e avevano un budget molto limitato. Dissi che potevo farlo. Così nacque “Il Ballo del Doge”». In 25 anni come è cambiata la mondanità?

«Tutto è cambiato. Ne sono passati tanti per il ballo. Alcuni sono diventati amici, come Zucchero, che ora passa molto tempo a Venezia perché lo ispira. O Marta Marzotto, che era una grande amica. Lei si definiva una mondina mondana perché non aveva dimenticat­o le sue origini contadine. Come

la stilista Alberta Ferretti, una donna che fa sognare altre donne». Il sogno è la parola che pronuncia più spesso.

«Sì. Sento come una missione: far sognare i miei ospiti in una Venezia che è diventata da incubo. I turisti giapponesi spennati da quell’osteria sono

una rovina: io farei chiudere gente così. Non si meritano d’avere un esercizio pubblico: non fregare la gente dovrebbe essere la missione di ogni veneziano. E per fortuna i gestori non erano veneziani, altrimenti sarei andata lì a schiaffegg­iarli». E le maschere come sono cambiate?

«I grandi artigiani del passato non hanno saputo reggere la concorrenz­a con le maschere cinesi, siamo invasi da chincaglie­rie che non esprimono la vera anima del Carnevale di Venezia, che era di cartapesta e cuoio come nella Commedia dell’arte. Il Carnevale andrebbe rivoluzion­ato: Venezia è un museo a cielo aperto. È impossibil­e che un posto cosi piccolo possa ricevere tutti». Lei collaborò con Kubrick per «Eyes wide shut»?

«Sì. L’assistente del regista comprò la maggioranz­a delle maschere nel mio negozio e passai tanti giorni con gli assistenti che facevano avanti e indietro con Londra, visto che il maestro stava male. Sul set Kubrick voleva sempre due-tre maschere dello stesso tipo, perché aveva paura che si rovinasser­o e aveva un’attenzione maniacale ai dettagli». Trai suoi ospiti ci fu David Bowie.

«Un giorno me lo ritrovai in negozio. Comprò molte maschere ma non lo riconobbi. Quando tirò fuori la carta di credito e vidi David Robert Jones ebbi quasi un mancamento. Poi venne alla festa e fu un vero gentleman». Esprima un desiderio.

«Trovare uno sponsor per la mia mostra di costumi dedicata all’universo femminile. Un viaggio che dovrebbe partire da Venezia e raggiunger­e tutti. Perché il futuro è femminile».

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Esclusiva Sopra, seconda da sinistra, Antonia Sautter Nelle altre foto, il Ballo del Doge delle scorse edizioni
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