Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Svelata la Biennale Architettura 2018 «Spazio libero»
LA BIENNALE A Venezia dal 26 maggio al 25 novembre la grande kermesse curata da Yvonne Farrell e Shelley McNamara: la generosità dei luoghi Baratta: sarà l’edizione per scoprire nuovi modi con cui progettare il mondo
L’architettura può essere generosa. Quando libera gli spazi allo sguardo, si fa attraversare, invita al noi. Sarà questo il filo conduttore della 16ma Biennale di Architettura, che andrà in scena a Venezia dal 26 maggio al 25 novembre. «Freespace» lo chiamano, appunto, le curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara. Perché, spiega il presidente Paolo Baratta, «l’architettura è la più politica delle arti» e bisogna usare questo potenziale politico «per dimostrare come può essere fatto diversamente». L’architettura, continua Baratta, «è una fonte di beni pubblici, anche quando l’oggetto che prende vita è privato: proprio qui a Venezia, nel corso della sua storia, anche il più diabolico dei mercanti sapeva che quando costruiva per sé, stava costruendo per gli altri». E’ quello che le curatrici chiamano «generosità di spirito e senso di umanità» come sinonimo di fare architettura. Lo hanno trasformato in un manifesto, che da giugno dell’anno scorso è girato tra progettisti e ricercatori di tutto il mondo e sui tavoli delle cancellerie che stavano pensando al loro padiglione da aprire durante la kermesse.
Cos’è dunque un «Freespace»? «L’architettura è capace di offrire in dono spazi liberi e supplementari» a patto che si «consideri la Terra come un cliente, che ci ha dato i primi elementi del progetto: la luce, l’aria, la forza di gravità, i materiali».
Per le due irlandesi (ieri alla conferenza stampa in collegamento skype da Dublino, bloccate da una tempesta di neve) gli strumenti nuovi con cui guardare il mondo sono tutti disponibili. L’orizzonte in cui si muovono è tutto razionale, persino l’atto di generosità lo è, con le sue intime regole economiche e sociali. E i riferimenti? Quasi tutti europei, almeno scorrendo la lista dei 71 architetti invitati. Dopo che le ultime Biennali ci avevano portato la ricchezza di culture e linguaggi architettonici lontani, dal Sudamerica all’Africa, è come se dovessimo ritornare qui e ricominciare. Grandi nomi ci sono, da Cino Zucchi a Alvaro Siza, David Chipperfield e Alejandro Aravena, i geniali inglesi Assamble e i tedeschi Sauerbruch Hutton: ma, sottolineano le curatrici, sono invitati non per i loro grandi progetti, ma per quelli minuti e sorprendenti «e generosi».
Farrell e McNamara dicono di aver disegnato un progetto espositivo «agendo da architetti»: allora hanno passato gli ultimi mesi immerse a Venezia, hanno «trovato ispirazione nella Casa Fortuny per l’allestimento delle Corderie», hanno misurato «i grandi spazi labirintici e luminosi del Padiglione Centrale». Hanno messo a punto anche due focus: gli “Incontri ravvicinati” con 16 architetti «per riflettere sulla «continuità tra passato e presente» e le “Pratiche di insegnamento” con 13 professionisti abituati a tenere lezioni e a progettare.
Due sono anche i progetti speciali: uno su Forte Marghera (con un allestimento di Sami Rintala e Dagur Eggertsson) e uno sulle arti decorative assieme al Victoria and Albert Museum, sulle case popolari di Robin Hood Gardens di Londra. La proposta delle curatrici, ha sottolineato Baratta, «ci dà davvero la possibilità di riflettere sullo spazio, la qualità dello spazio, dello spazio libero e gratuito. Ci saranno buoni motivi di discussione». Da qui si sprigioneranno le proposte dei 65 paesi partecipanti, 10 al loro esordio, tra cui la Città del Vaticano (presente solo a una edizione di arte) con un proprio padiglione all’isola di San Giorgio, curato da Francesco Dal Co e Micol Forti.
Al pubblico infine sono riservati anche 10 meeting con gli architetti presenti in mostra e oltre 100 università da tutto il mondo si sono già prenotate per il programma di “Biennale Sessions”. L’appuntamento è per il 26 maggio.