Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Comuni, decaduti i consiglieri dopo tre assenze
Consigli comunali a ranghi ridotti per la spending review. Così i Comuni rispolverano la decadenza per chi salta tre sedute consecutive senza giustificazione (scritta). Intanto, però, spunta un dubbio sulla legittimità costituzionale della procedura.
Come a scuola, tre assenze senza giustificazione (scritta) ad altrettante sedute del consiglio comunale di fila e il consigliere assenteista decade. L’ultimo Comune ad esplicitare la norma nel proprio statuto è Piombino Dese, nel Padovano. «Insomma, già con la spending review contiamo i consiglieri sulle dita di due mani - sbotta il sindaco di Piombino Dese, Cesare Mason - nella scorsa amministrazione c’era un consigliere desaparecido, non si presentava mai. Non si può andare avanti così perché il numero dei consiglieri è molto ridotto ormai». Eppure, l’idea che i consiglieri assenteisti decadano non è certo una novità: il Testo unico sugli Enti Locali del 2000 recita: «Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative». Di più, una norma analoga si ritrova in un regio decreto del 1915.
Qualcosa, però, è cambiato. Lo certifica l’Anci con il suo esperto di unione e fusioni di Comuni, Paolo Fortin che scuote la testa: «Nessuno ha fatto un censimento di quanti Comuni citino espressamente la norma sulla decadenza concretizzata in questo caso in tre sedute mancate ma sono senz’altro tanti fra i 570 comuni veneti. Sempre di più. Il fenomeno si lega al numero ridotto dei consiglieri, soprattutto nei piccoli centri. Ed è un tema tutt’altro che residuale. Facciamo un esempio: con un consiglio di 6 membri più il sindaco, ipotizziamo un paio di assenze, va a finire che si decide magari un piano regolatore fra pochi intimi. Ricordiamo che le infiltrazioni criminali trovano terreno fertile in questi casi. Una questione di espressione e garanzia democratica». Tecnicamente funziona così: la normativa sugli enti locali dice che il Comune nel suo statuto «stabilisce» i casi di decadenza e altre amministrazioni spostano l’asticella più in alto, a 5 o 8 sedute mancate.
«Lo statuto del Comune di Piombino Dese, come molti altri - spiega il costituzionalista Sandro De Nardi - è in linea generale legittima visto che la legislazione statale rimette allo statuto l’individuazione dei casi di decadenza per mancata partecipazione a sedute. Però è cruciale garantire al consigliere il diritto di far valere le cause giustificative delle assenze. In sintesi, la decadenza si giustifica solo quando si dimostri un atteggiamento di disinteresse per motivi futili o inadeguati rispetto agli impegni di un incarico pubblico elettivo. Insomma, si rischia di incidere sull’articolo 51 della Costituzione che tutela l’elettorato passivo. In sintesi, appare di dubbia legittimità una decadenza solo per “mero decorso del tempo”».Va detto che tradizionalmente la decadenza è un fenomeno raro, non fosse altro che per strategia politica.
«Tendenzialmente - spiega Mirko Bertolo, segretario generale dell’Unione dei Comuni della Brenta - l’assenteista è un membro dell’opposizione. E dagli scranni della maggioranza il rammarico è esiguo. Sempre meglio un assente che un consigliere «surrogato» (cioè che subentra come primo dei non eletti sempre fra le fila dell’opposizione) che potrebbe rivelarsi più zelante del suo predecessore». Ora, però, l’aria sembra essere definitivamente cambiata.