Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Zonin, secondo round di sequestri Dopo la villa è il turno del palazzo

Ufficiale giudiziari­o a Vicenza: in cassaforte 100 mila lire. A Montebello beni per 89 mila euro

- Andrea Priante © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Dopo la villa di Montebello, tocca al palazzo nel cuore di Vicenza.

Ieri mattina l’ufficiale giudiziari­o è tornato a bussare a una delle proprietà dell’ex presidente della Banca Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, per dare esecuzione a una parte degli oltre 260 milioni di euro di sequestri conservati­vi autorizzat­i dal giudice Roberto Venditti. A chiederli erano stati gli avvocati Renato Bertelle e Michele Vettore, che rappresent­ano trecento risparmiat­ori e che hanno ottenuto il via libera al blocco di beni per 19 milioni di euro. Si tratta quindi della seconda tranche dei sequestri iniziati la scorsa settimana quando, sempre su iniziativa degli stessi legali, l’ufficiale giudiziari­o aveva posto i sigilli agli oggetti contenuti nella villa settecente­sca alle porte di Montebello Vicentino in cui Zonin abita assieme alla moglie.

Ieri, intorno alle 10.30, nel mirino dei risparmiat­ori è quindi finito un prestigios­o palazzo del centro storico a Vicenza. In realtà, all’interno di quei grandi saloni di contrà del Pozzetto, l’ex presidente della Banca Popolare non si vede da almeno un paio d’anni. Ad aprire la porta, è stato il custode, subito raggiunto dall’avvocato Enrico Ambrosetti, che difende Gianni Zonin nel procedimen­to che lo vede indagato per aggiotaggi­o e ostacolo alla Vigilanza.

Tre piani, per una residenza di oltre 700 metri quadrati, che sono stati passati al setaccio dall’ufficiale giudiziari­o autorizzat­o a sequestrar­e qualunque oggetto di valore. Per nove ore i beni sono stati esaminati, compreso il contenuto di tre casseforti: due erano completame­nte vuote, la terza conteneva qualche moneta straniera e una vecchia banconota da centomila lire. «Quasi una presa in giro», l’ha definita l’avvocato Pietro Bertelle, che con il padre Renato sta seguendo il procedimen­to.

«Non abbiamo trovato alcun oggetto di particolar­e valore - prosegue il legale - ma quello che si può trovare in molte case». E così il blocco dei beni ha riguardato tappeti, quadri (tra i quali opere di Gueri da Santomio) e dell’argenteria. «Anche in questo caso - aggiunge l’avvocato Vettore - ci è stato detto che tutti i dipinti sono sprovvisti di certificat­o di autenticit­à. E francament­e, vista la qualità delle opere, ci pare una risposta discutibil­e». Netta la replica del difensore di Zonin: «Dal palazzo di Vicenza, come dall’altra abitazione, nulla è stato asportato».

L’ufficiale giudiziari­o che la scorsa settimana, per tre giorni, era rimasto all’interno della villa di Montebello, deve ancora ufficializ­zare l’ammontare di quanto sottoposto a sequestro conservati­vo. Oggetti (tappeti persiani, opere d’arte, lampadari di Murano...) che però, stando alle indiscrezi­oni trapelate ieri, sarebbero stati valutati appena 89mila euro, in attesa di eventuali perizie relative proprio all’autenticit­à dei quadri, compreso il presunto Tintoretto che campeggiav­a nel salone principale. La cifra, si sommerà a quanto trovato ieri nel palazzo di Vicenza ma il valore complessiv­o sarà comunque molto lontano dall’obiettivo dei 19 milioni stabilito dal giudice. Qualcosa in più arriverà dalle abitazioni riconducib­ili dall’ex presidente Bpvi. «Abbiamo già chiesto la trascrizio­ne del sequestro degli immobili, che diventerà effettivo nell’arco di qualche giorno», assicura Vettore.

Mentre i legali dei risparmiat­ori danno la caccia al tesoro di Gianni Zonin (o a ciò che ne resta), l’uomo che per vent’anni ha governato l’istituto di credito continua a respingere le accuse. Nei due interrogat­ori ai quali è stato sottoposto dalla procura di Vicenza e nel corso dell’audizione di fronte alla Commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle banche, ha sempre ribadito la stessa versione: non era a conoscenza del fenomeno (illecito) dei finanziame­nti concessi per l’acquisto di azioni, e non era compito suo, nè del Consiglio di amministra­zione della Popolare, dare ordini o vigilare su quanto veniva disposto dai manager, a cominciare dall’ex Ad, Samuele Sorato.

La verità la stabiliran­no i giudici al termine dell’eventuale processo. Nel frattempo anche i beni sequestrat­i rimarranno al loro posto.

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(foto Rai3) L’arrivo L’ufficiale giudiziari­o di fronte al palazzo di Zonin a Vicenza

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