Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Boom delle cremazioni, impianti al raddoppio. Pd e M5S: «Troppi»
Il tema è tremendamente serio. Sotto svariati punti di vista. I crematori veneti sembrano lanciati verso il (quasi) raddoppio, dai 7 attuali ai 13 in programma. I Comuni interessati, nei piani della Regione, sarebbero Belluno e Rovigo (le uniche due province del tutto sguarnite), Cittadella, Schio, Legnago e Conegliano. E in futuro, forse, Chioggia e Bassano. Se n’è discusso ieri in quinta commissione a Palazzo Ferro Fini. «Il piano risponde a richieste supportate dai numeri» spiega il presidente Fabrizio Boron (Lista Zaia). Per Claudio Sinigaglia del Pd, invece,: «Lo studio presentato si basa su di un crematorio ogni 400-450 mila abitanti, stime molto alte. In più non è ben chiaro che strumenti avranno i Comuni per gestire questi project financing». I rilievi partono proprio dall’effettivo fabbisogno: «Tredici crematori - ricorda Sinigaglia -sarebbero pari a quelli della Lombardia che, però, ha dieci milioni di abitanti, il doppio del Veneto».
Ieri, è stata audita anche Setif, la Servizi Funerari Italiani, soggetto in cui confluiscono le multiutility coinvolte nel settore che ha presentato i suoi numeri: nel 2016 la mortalità in Veneto è arrivata a 47.856 unità di cui 15.426 cremazioni di persone appena defunte cui si aggiungono 4.835 cremazioni di «resti mortali», cioè le spoglie sepolte o tumulate che dopo un dato numero di anni vengono esumate per lasciare spazio a nuove salme. A colpire è soprattutto il trend, per così dire: dal 2002 al 2016, in regione, la cremazione passa dall’11 al 42%, quasi un morto su due. «Questione di costi - commenta Luca Furlan del crematorio al Cimitero Monumentale di Padova - ma anche di cultura che cambia. Chi sceglie la cremazione proviene soprattutto dai centri urbani, meno dai piccoli paesi». E a Padova hanno dovuto cominciare a respingere «clienti» da fuori provincia, neppure la terza linea aggiuntiva basta per le richieste. E secondo la Setif, i 7 impianti esistenti sono da ridimensionare vista ad esempio, l’«anomalia» del crematorio in San Michele, l’isola-cimitero di Venezia.
Già sulle barricate anche i consiglieri 5 Stelle. «Le stime sono tutte da rivedere, spiega Manuel Brusco - e poi la strada è potenziare i crematori esistenti visto che gli impianti inquinano molto meno se sono a ciclo continuo. Al contrario, tanti e piccoli impianti inquinerebbero di più. Per non parlare del modello project financing...in infrastrutture e in sanità non è stata certo una scelta vincente in Veneto».