Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I Negrita, il nuovo album dopo la crisi «Ci rinnoviamo»
La band toscana domani nel Veronese, poi a Udine e Mirano. Protagonista il nuovo album «Desert Yacht Club». Il cantante Pau: «Stavamo per scioglierci poi siamo ripartiti dall’amicizia. Abbiamo composto musica dei nostri tempi»
Un album che poteva non esistere. Così come poteva finire la storia dei Negrita, ritrovati, in tutti i sensi, nel deserto della California per far nascere «Desert Yacht Club». Ora la rock band toscana farà ascoltare la sua storia domani al Castello Scaligero di Villafranca di Verona (ore 21, info www.eventiverona.it), per poi tornare in zona il 26 luglio a Majano, Udine, e il 27 luglio a Mirano, Venezia (ore 21, info www.azalea.it). Abbiamo intervista Pau, voce e frontman della band.
Come siete riusciti a far a crescere la musica nel deserto?
«Annaffiandola con della birra fresca (ride, ndr)! A parte gli scherzi, mi sono reso conto che ho bisogno per comporre e ritrovare me stesso, abbiamo bisogno di ambienti netti, o foreste immense o agli antipodi terreni desertici, dove lo sguardo non trova ostacoli dove si può riflettere su se stessi e sognare qualcosa di nuovo. Serve un terreno speciale per concentrarmi e mettere da parte la
routine di ogni giorno».
Siete stati lì lì per sciogliervi… che cosa è riuscito a tenervi uniti?
«Alla base di questa band c’è sempre stata un’amicizia importante, che poi si è trasformata in lavoro e professione, con tutti i problemi che questo può comportare. Alla fine ha prevalso l’idea atavica di preservare dei valori come l’amicizia che per noi sono importanti da decenni, lasciando da parte qualche grosso problema che ha fatto sì che fossimo molto vicini allo scioglimento. Da lì siamo ripartiti mettendo in chiaro alcune cose, qualcuno ha fatto passi in dietro, qualcuno passi in avanti, e abbiamo ritrovato un equilibrio». «Desert Yacht Club» è un
disco di rinascita?
«Assolutamente sì. Fin dalla composizione negli Stati Uniti ho vissuto questo lavoro come qualcosa di purificatore, che potesse gettarmi alle spalle quelle superfetazioni nevrotiche che le circostanze mi avevano proiettato addosso. Il risultato è questo album. Molti pezzi prendono coscienza dei quasi 50 anni raggiunti dagli autori, le tematiche vengono affrontate da altre angolazioni. Con tutte le responsabilità del caso».
Con «Desert Yacht Club» dove vi siete spinti?
«Ci annoiamo a fare cose identiche al lavoro precedente. Siamo stati assenti per un paio d’anni in cui sono cambiate tante cose a livello culturale e musicale. Volevamo un disco figlio di questo tempo».
Una curiosità, a chi è dedicato «Non torneranno più»?
«È nata come una folk song, a San Diego, con una chitarra acustica in una lunga nottata. Il testo è nato da una perdita importante, un mio amico morto troppo giovane»
Che concerto sarà quello di domani?
«Abbiamo fatto tre concerti nei palazzetti preparando lo show in maniera esagerata, ma in cinque giorni è finito tutto. Ed è rimasta la voglia di riproporre quel tipo di show. Nel live abbiamo creato una dinamica particolare e inedita per noi. Non sarà solo uno show di potenza: abbiamo voluto recuperare un’attitudine più vicina a certe forme espressive americane».