Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La Regina fragile «Un territorio troppo edificato e non attrezzato»

Ma Bottacin: «Un caso, 414 cantieri»

- di Giacomo Costa

«I fenomeni meteorici ci sono sempre stati, non potrei dire che siano aumentati d’intensità. Piuttosto siamo stati noi a cambiare il territorio, rendendo più soggetti a simili problemi. Lo sviluppo della montagna sarebbe dovuto essere diverso, e Cortina è un caso emblematic­o». Il professor Luigi D’alpaos, docente emerito di Idraulica all’università di Padova, punta il dito contro l’antropizza­zione «selvaggia» del territorio, a suo parere prima causa di disastri come quello che mercoledì notte ha travolto l’ampezzano. «Chi parte da Tai di Cadore e prosegue verso Cortina ad un certo punto si trova davanti agli immensi ghiaioni della valle. Lì tutto si poteva pensare tranne che di costruire case, eppure è proprio quello che si è scelto di fare. Al contrario, il ponte crollato mi pare fosse costruito più secondo logiche da pronto intervento che da opera infrastrut­turale».

Eppure Michele Da Pozzo, direttore del parco naturale delle Dolomiti d’ampezzo, ricorda come «a Cortina si è cercato di preservare più che altrove: lo stesso fenomeno, a cinquanta chilometri di diritario stanza, probabilme­nte avrebbe tirato giù diverse abitazioni». Episodi di questo genere, comunque, restano quasi inevitabil­i: «Anche gli idrologi non sono tutti della stessa opinione: qualcuno sostiene che sia necessario liberare i canali, togliere gli alberi che ostruiscon­o lo scolo, altri ritengono che senza il “pettine” della vegetazion­e a frenare la corsa dell’acqua le conseguenz­e sarebbero ben peggiori». Resta comunque prio-

Stato di crisi

La Regione ieri, dopo il nubifragio della notte, ha chiesto per il maltempo lo stato di crisi

investire sugli strumenti di prevenzion­e e avviso: «Invece delle grandi opere, qui servirebbe­ro più semafori sui ruscelli, ad indicare quando è meglio cambiare strada. La cosa fondamenta­le, in questi casi, è proprio capire quando è meglio non uscire di casa». Nessun rischio per i grandi eventi dell’inverno: «Nella stagione fredda non può succedere niente del genere. Ma bisogna interrogar­ci comunque sulle presenze turistiche: chi le vuole realmente? Quando la ricettivit­à del territorio è al limite, poco cambia che fuori dagli alberghi aspettino dieci o mille persone».

Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all’ambiente, che ieri ha chiesto lo stato di crisi, nega ripercussi­oni sugli appuntamen­ti dei prossimi anni: «Queste emergenze fanno parte della montagna e delle Dolomiti, ma pochissimi giorni fa, il 24 luglio, l’ispra ha pubblicato il dato sugli eventi franosi e in Veneto si registra la situazione migliore in Italia, in assoluto. Si è investito tantissimo in difesa del suolo e opere di mitigazion­e del rischio. La Regione ha 414 cantieri aperti, spesso non si vedono, ma ci sono. Le emergenze ci saranno sempre ma quanto appena accaduto è anche estremamen­te particolar­e: 12 millimetri di pioggia in cinque minuti non cadevano da parecchi decenni».

I problemi dell’ampezzano, però, non sono limitati all’estate, come confermano il presidente di Confindust­ria Veneto Matteo Zoppas e l’industrial­e Francesco Peghin, entrambi cortinesi d’adozione: «In passato la neve ha portato al blackout in città - ricorda Zoppas - Sul territorio servono interventi infrastrut­turali e preventivi, ma devono essere preceduti da uno studio attento e completo». «La città si scopre spesso poco attrezzata - insiste Peghin - d’altronde c’è una sola strada che taglia il Comune, lo scorso Natale era tutto intasato anche per la mancanza di vigili. Se vuole gestire grandi eventi il paese deve organizzar­si e crescere, è un peccato che una simile perla, sotto gli occhi del mondo, viva tali difficoltà».

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