Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Febbre artigiana «Infrastrutture e lavoro, la base ci chiede la guerra»
Il leader Bonomo: «Sale il malessere, questo governo ha cancellato la parola impresa»
«Le febbre dei piccoli imprenditori la misuriamo due volte al giorno, come in ospedale, attraverso i quindicimila contatti quotidiani dei nostri sportelli sul territorio regionale. Vi posso assicurare che è una febbre alta».
Ricorre alla metafora clinica Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato del Veneto, per dare una misura del malessere di un’intera categoria non proprio ininfluente sul piano dei numeri: quasi 130 mila imprenditori, 48 mila dei quali iscritti alla sua organizzazione - nei confronti del primo governo «gialloverde» della storia patria. Un malessere che, soprattutto in relazione alla componente «verde» (la Lega), assomiglia sempre di più alle conseguenze di una pugnalata alle spalle.
Presidente Bonomo, siamo al traguardo dei tre mesi per l’esecutivo Conte: è solo un’impressione oppure la parola «impresa» non è tra le più utilizzate dai componenti di questo governo?
«Non la utilizzano proprio! Del resto, nel loro famoso contratto di governo, di impresa non si parla. E siccome loro affermano di seguire pedissequamente il contratto... Dietro questo atteggiamento rivedo un apparato ideologico da anni Settanta, per cui l’imprenditore viene visto come uno sfruttatore delle libertà altrui. Tutto questo ci preoccupa, anche perché avviene in un momento in cui gli indicatori economici che, negli ultimi anni, ci davano in ripresa, ora segnano una battuta d’arresto». Quali, in particolare?
«Mi riferisco alla diminuzione degli investimenti e anche ai segnali di sfiducia verso i nostri titoli di Stato. Non vorrei che i capitali stessero riprendendo la via dell’estero, dopo che faticosamente li avevamo fatti rientrare».
Tanto per essere chiari: il «decreto dignità» l'avete digerito?
«Proprio per niente. Stiamo ancora monitorando la fine che faranno i 4.500 contratti di lavoro arrivati a rinnovo e da quella si capiranno molte cose, ma il decreto è stato una mazzata, soprattutto per il mondo artigiano. E pensare che, una settimana prima di approvarlo, Salvini e Di Maio avevano partecipato alla nostra assemblea annuale: entrambi, nei loro interventi, avevano affermato di sapere molto bene di cosa avessero bisogno le imprese artigiane. L’abbiamo visto, quanto bene lo sapevano».
Nel frattempo si è aperto, anche per ragioni drammaticamente urgenti come nel caso di Genova, un gigantesco contenzioso sulle infrastrutture. Cominciamo dalle autostrade: a un governo al cui interno si ragiona di nazionalizzarle, voi rispondete che...
«... che se dovesse veramente accadere, ci dovremo aspettare un aumento esponenziale dei costi. E che, in ogni caso, è un modo talebano per affrontare il problema catastrofico aperto dal disastro di Genova».
Esiste un’alternativa
«Sbaglio o qui nel Veneto stiamo ragionando di una nuova autonomia regionale? Benissimo, a me sembra che la logistica e la sicurezza della rete stradale siano materie che dovrebbero rientrare in pieno in questa autonomia».
Tav e Superstrada Pedemontana: le vedremo realizzate?
«È incredibile, sono opere di cui avevamo bisogno nel Veneto già trent’anni fa e siamo ancora qui a discutere se servono o non servono. A queste, si è aggiunto anche il bisogno urgente di infrastrutture non fisiche, come la banda larga e quella ultra-larga, senza le quali le nostre imprese non possono competere ad armi pari. È semplicemente arrivata l’ora di farle o di finirle. Noi veneti - e mi riferisco al balletto intorno alla soluzione per il nodo di Vicenza - sui ritardi ragionevole? della Tav abbiamo le nostre belle colpe e dobbiamo riconoscerle, però non può più esistere che da Bologna a Milano si vada in un'ora e da Milano a Venezia ce ne vogliano due e mezza, è chiara la sproporzione?».
Il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno (quota Lega), ha annunciato un disegno di legge che chiamerà «Concretezza», il cui contenuto principale sarà l’assunzione di 450 mila statali entro il 2019: le piace l’idea?
«A me sembra che si voglia creare lavoro per decreto e non perché ci sia una reale domanda proveniente dal mondo economico. Se posso, aggiungerei che il settore pubblico di dipendenti ne ha già fin troppi e che 450 mila nuove assunzioni non farebbero che moltiplicare i costi della nostra macchina burocratica. In questo modo, si crea una controcultura del lavoro e del posto fisso che ci auguravamo fosse stata superata, anche perché è esattamente quella che ci ha portato allo spaventoso debito pubblico da cui l’italia è schiacciata».
I posti di lavoro di cui parlate voi, quelli creati dalle imprese, richiedono anche un investimento in formazione: che segnali questo senso?
«Sinceramente, non vedo alcuna forma di pensiero da parte del governo su questi temi. Mi auguro almeno che si comprenda l’importanza della strada virtuosa imboccata con la creazione degli Its (Istituti tecnici superiori, ndr) e con i programmi di alternanza scuola-lavoro. Lo dico soprattutto perché la formazione tecnica specializzata sta dando dei riscontri molto importanti in fatto di posti di lavoro, quelli veri».
A questo punto, la domanda è d’obbligo: buona parte della base artigiana, qui in Veneto, ha sicuramente votato per la Lega. Cos’è, siamo di fronte a un tradimento?
«I numeri lo dicono: qui c’è stato un consenso fortemente orientato verso la Lega e gli artigiani sono cittadini che vanno alle urne, perciò molti di noi hanno votato da quella parte. Il malessere c’è, lo percepiamo nei nostri contatti quotidiani. La base degli associati ci chiede di combattere, di alzare le barricate contro certi provvedimenti. Un governo non può essere giudicato dopo soli tre mesi, ma i suoi atti sì. E il giudizio, ve lo garantisco, non è positivo». ci sono in
La valutazione Un esecutivo non si può giudicare dopo soli tre mesi, ma i suoi provvedimenti sì. Vi garantisco che il giudizio non è positivo
La macchina pubblica Leggo che il ministro Bongiorno annuncia l’assunzione di 450 mila statali. A me sembra che di dipendenti pubblici ce ne siano già troppi