Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il governo e la «febbre» delle imprese
Insomma, dove erano più alte le aspettative e, perché no, i consensi, specie nei confronti della Lega, affiorano le prime disillusioni. Ha voglia Matteo Salvini a liquidare le critiche dicendo che «gli industriali che contestano sono al massimo cinque». Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Veneto assicura che il malessere (anzi «la febbre», come la chiama lui) cresce di giorno in giorno e interessa tutti i suoi associati: non cinque ma cinquantamila piccoli e piccolissimi di ogni settore. Mentre da Bologna Patrizio Bianchi, economista, oggi assessore della Regione a Scuola e Lavoro, ripete in tutte le salse che se si vuole consolidare la ripresa occorre (ri)concentrarsi sui due principali motori, dell’innovazione e della formazione. Certo, tre mesi sono pochi. Ma è evidente che il sistema delle imprese, in questo autunno dalle avvisaglie caldissime, si aspetta dal governo un cambio di passo. Matteo Zoppas, numero uno di Confindustria Veneto, la riassume così: «Il consenso lo avete, adesso fate qualcosa. E ricordate che le imprese non sono il nemico». Per cominciare, è necessario fare chiarezza sulla questione delle infrastrutture. Tav, Pedemontana, Passante di Bologna non possono rimanere ancora nel limbo, in quanto opere fondamentali per un Nordest a fortissima vocazione internazionale. Basta un dato: secondo l’ultimo rapporto sull’export della Sace, l’italia perde 70 miliardi all’anno sui mercati planetari, 4 punti di Pil, proprio per le carenze infrastrutturali. Poi c’è tutto il capitolo che riguarda il sostegno allo sviluppo. Dalla riduzione del cuneo fiscale al rilancio del piano Industria 4.0 (altro tema sparito), per non parlare delle promesse sulla liberazione dall’oppressione della burocrazia. Forse è bene ricordare che solo la crescita crea buona occupazione. A meno che qualcuno non pensi davvero che esiste la decrescita felice.