Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
CONSUMI, SE CALA LA FIDUCIA
Cala la fiducia di famiglie ed imprese in agosto, dice l’istat. Tra speranze, timori e rancori la ripresa appare difficile. Per esserci c’è, ma non è liberatoria e gioiosa. Perché è zavorrata dalla sua (troppo) modesta ampiezza, dalle mille incertezze che l’accompagnano, da un clima sociale e politico confuso ed incattivito. «Il Sole 24 Ore» ci dice inoltre che ancora non siamo del tutto usciti dal tunnel dell’impoverimento prodotto dalla lunga crisi. Prendendo infatti i redditi dichiarati al fisco nel 2017 nei 108 capoluoghi di provincia d’italia e confrontandoli con quelli del lontano 2008 (inizio canonico della crisi), ne esce un panorama non proprio confortante; solo 17 capoluoghi italiani segnano una qualche crescita dei redditi, di cui cinque nel nordest: Belluno, Pordenone, Trieste, Venezia e Verona. Se ci si restringe al solo Veneto, brilla in particolare Belluno, che insieme a Trieste guida la migliore riscossa dei redditi: grosso modo un più due per cento rispetto al 2008 contro una media nazionale che invece è negativa di una percentuale analoga, un due per cento di calo ancora non recuperato dalla ripresa in corso (Milano compresa, ed è significativo). D’altronde, calcola Confcommercio, tra il 2007 ed il 2018 i consumi pro capite sono calati di mille euro ed il reddito disponibile di quasi il doppio. Ma non è solo un discorso di redditi, ma anche di contribuenti, la cui carenza sta a significare un discorso di disoccupazione.
Equindi di difficoltà che possono virare in povertà vera e propria. Se mediamente – scrive «Il Sole» – vi sono in Italia 66,6 contribuenti ogni cento abitanti, poi questa troppo lunga penisola pencola tra i 76,2 di Belluno e i 52 contribuenti di città come Palermo o Crotone (in cui il reddito è ancora sotto dell’otto per cento rispetto al 2008).
Un dato, quest’ultimo, che fa pensare, perché ci dice che su cento abitanti solo la metà è fiscalmente attivo e quindi con un certo reddito incassato. Nonostante il (relativo) successo dei numeri sui redditi nel nordest, la ripresa corre svogliatamente senza un immaginario collettivo robusto che la trasformi in serenità e voglia di futuro.
Anzi, non manca chi è apertamente scettico sui (pur piccoli) numeri della ripresa facendo della crisi una specie di costante categoria dello spirito dei tempi presenti. Un pessimismo che dimostra come sia insufficiente il dividendo sociale da distribuire con equità, dato che spesso la rancorosa sensazione è quella del «meno hai, più sei colpito».
Di sicuro insomma non c’è traccia rassicurante di una sorridente ripresa sociale e psicologica: l’italia – e i numeri della demografia permettono l’immagine – appare come un vecchio impaurito, insoddisfatto ed astioso. Il Veneto, purtroppo, non sembra discostarsi troppo da questa mesta metafora.