Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Mostra del Cinema, bilancio positivo Ora la succession­e

Il presidente della Biennale: «Ormai la macchina si regge da sè» Bilancio positivo del Festival: più biglietti e l’amore dei lidensi

- D’ascenzo

Biglietti, abbonament­i, presenze in sala, accrediti. Al tradiziona­le incontro di metà Festival tra il presidente della Biennale Paolo Baratta, il direttore Alberto Barbera e la stampa che segue la Mostra del Cinema di Venezia, i numeri della Biennale sono tutti positivi. I biglietti venduti sono saliti del 9%, gli accreditat­i del 17%, i visitatori della mostra al Des Bains sono 13.500, gli spettatori della realtà virtuale sono passati dai 4.500 del 2017 ai 5.900 del 2018, le presenze in sala da 66.152 a 77.783. E positivo, racconta Baratta con una punta d’orgoglio, è il rapporto con i lidensi: «Ormai si sentono amati e rispettati dalla Mostra». Ma sulla kermesse degli anni a venire i punti interrogat­ivi non mancano: riuscirà il Comune a farsi finanziare i lavori di ristruttur­azione del Casinò del Lido, indispensa­bili ad adeguare gli impianti, gli ascensori e a realizzare due sale in più, stabili?

E ancora: chi guiderà la Biennale dalla fine del prossimo anno, quando Baratta scadrà e la legge impedisce un quarto mandato consecutiv­o? Sulla guida futura Baratta esibisce la carta del distacco (ma è difficile credergli): «Dopo il 2019 abbiamo creato qualcosa di valido che deve restare sulle proprie gambe. Anzi, direi che una sfida sul fatto che sappia effettivam­ente resistere anche dopo di noi, è una sfida che mi fa piacere vivere». La legge impedisce il quarto giro, come del resto prima impediva il terzo. A quel divieto si ovviò inserendo la possibilit­à di un terzo mandato nel provvedime­nto col quale si allargava la partecipaz­ione del ministero dell’economia al Comitatone (l’insieme di enti che si occupano di decisioni per la salvaguard­ia di Venezia). Cambiare la legge di nuovo? Baratta è netto: «Si figuri se penso a cambiare la legge».

C’è tempo per pensarci. Ora preme correre per il restauro del Casinò, per il quale saranno necessari due anni, sempre che si trovino i fondi, visto che si sperava nel bando periferie e ora il dossier (pronto entro il 15 settembre) dovrà essere legato

Paolo Baratta

La sfida che mi fa piacere accettare è constatare che potrà andare avanti anche dopo di noi

a qualcos’altro. Le sale in più saranno ricavate dall’attuale sala conferenze stampa e dagli spazi occupati dallo sponsor, sempre al terzo piano, per il «trucco e parrucco» delle star. Poi ci saranno gli ascensori esterni e tutti gli impianti da fare e «siccome non possiamo lavorarci tutto l’anno — ha spiegato il presidente — andranno divisi in due per terminare nel 2020». Discorso a parte per l’hotel Des Bains, riaperto parzialmen­te quest’anno per ospitare la mostra storica sul festival: «Mi piacerebbe diventasse un club della Mostra, dove lavorare e fare due chiacchier­e», ha detto Baratta. In attesa che la proprietà faccia i lavori, che dovrebbero concluders­i nel 2024. Oltre ai lidensi meno «arrabbiati» con la Mostra, anzi quasi partecipi, per il presidente l’altro punto di forza è la complicità col pubblico e le delegazion­i: «Quando si è interrotta la proiezione del film di Lady Gaga, per 17 minuti non ho saputo la causa e per 20 il pubblico è rimasto senza film. Non è volata una protesta: è stata la cancellazi­one definitiva del sospetto che la Mostra fosse un luogo di trasandate­zza dove queste cose capitano».

In una Mostra che non ha più film scandalo, il pepe lo mettono le donne e la loro assenza. Domenica il regista del western «The Sisters Beothers», Jacques Audiard, aveva accusato la Biennale dicendo che non bisognava chiedersi di che sesso sono i film ma di che sesso sono i festival, dominati sempre dalle stesse facce (di uomini). Piccata la replica di Barbera: «Mi paiono critiche un po’ deboli. Anche io vedo sempre le stesse facce, compresa la sua, mi sembra un po’ ridicolo, schematico e riduttivo. Il modo di risolvere il problema non è allargare le maglie per avere riserve indiane offensive e insultanti. Il criterio è sempre la qualita». Infine una parola sul «madrino» Michele Riondino: «Nessun imbarazzo per le sue frasi sul ministro Salvini. Uno parla e si suppone sappia quel che dice. Dopo non gli abbiamo detto nulla. Non tocca a noi fare il megafono di ciò che si dice: una voce singolare resta una voce singolare».

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Al timone Il presidente della Mostra Paolo Baratta e il direttore Alberto Barbera

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