Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Inchiesta Veneto Banca, l’ex Ad Consoli fa ricorso contro l’insolvenza

L’ex manager ricorre in appello contro i rischi di un’accusa di bancarotta: udienza il 18 ottobre Azioni azzerate, l’ex sottosegre­tario Zanetti solleva la grana dell’indeducibi­lità fiscale delle perdite

- Di Milvana Citter

Vincenzo Consoli si oppone alla dichiarazi­one d’insolvenza di Veneto Banca e cerca così di evitare l’accusa di bancarotta che potrebbe muovergli presto la procura di Treviso. Con una mossa che tenta di bloccare i possibili sviluppi dell’inchiesta penale passata a Treviso, l’ex amministra­tore delegato della popolare di Montebellu­na ha incaricato lo studio Giliberti e Triscornia di Milano di presentare ricorso alla Corte d’appello di Venezia contro la decisione del tribunale fallimenta­re di Treviso che ha dichiarato lo stato d’insolvenza dell’ex popolare di Montebellu­na. L’udienza civile d’appello è fissata per il 18 ottobre, quando sarà discussa la legittimit­à della decisione dei giudici Antonello Fabbro, Francesca Vortali e Petra Uliana della sezione fallimenta­re del tribunale trevigiano.

Erano stati loro a stabilire che, alla data del 25 giugno 2017, quando era stata messa in liquidazio­ne coatta, la banca era insolvente. Una mossa prevista dal sostituto procurator­e Massimo De Bortoli che indaga sul crac della banca e sul cui tavolo, proprio ieri, è arrivata la notifica del ricorso. Fin da subito era apparso chiaro che, gli unici altri soggetti deputati a ricorrere contro la sentenza del tribunale fallimenta­re erano gli ultimi amministra­tori, subentrati alla guida della banca quando ormai la rotta era puntata verso la deriva. Ma né l’ex presidente Massimo Lanza, che si era presentato in tribunale in primavera a difendere le ragioni dell’ultimo cda nominato dal fondo Atlante, né i commissari liquidator­i Giuliana Scognamigl­io, Alessandro Leproux e Giuseppe Vidau, che nel corso del procedimen­to a Treviso avevano variamente sostenuto che insolvenza non c’era, hanno scelto di impugnare la decisione. Diversa invece la posizione dell’ex amministra­tore delegato Vincenzo Consoli che insieme all’ex presidente Flavio Trinca è già indagato a vario titolo per aggiotaggi­o e ostacolo alla vigilanza. E che ora rischia la più pesante accusa di bancarotta. Perché la sentenza firmata dal giudice Fabbro, in merito all’origine dell’insolvenza, sembra puntare verso responsabi­lità del passato piuttosto che quelle dell’ultimo periodo. In attesa della decisione dei giudici della corte d’appello, intanto, l’inchiesta per bancarotta continua.

Ma intanto la vicenda della liquidazio­ne delle due ex popolari solleva altri punti critici anche altrove. Ad esempio sull’azzerament­o del valore delle azioni e il rischio, ma di fatto la quasi certezza, che per le aziende che le avevano in patrimonio, oltre al danno economico, si assommi anche la beffa fiscale dell’indeducibi­lità della perdita. A risollevar­e la questione sul sito tecnico eutekne.info è stato ieri l’ex sottosegre­tario all’economia Enrico Zanetti, che ripropone la questione, già emersa con le svalutazio­ni portate in bilancio dalle aziende nel 2015 e 2016, ora con la partita dei bilanci 2017, anno in cui era scattata la liquidazio­ne di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Che fa scattare i presuppost­i delle deducibili­tà fiscale, ricorda Zanetti; che però si realizza al termine della procedura di liquidazio­ne, «che nella migliore delle ipotesi richiederà almeno una decina d’anni». Sul punto Zanetti sollecita un pronunciam­ento dell’agenzia delle entrate sulla possibile deducibili­tà immediata. Ma sollecita anche un pronunciam­ento della politica, che dovrebbe passare per una interrogaz­ione al ministero dell’economia dei parlamenta­ri veneti di Fratelli d’italia.

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