Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Turismo, le spiagge venete battono la riviera romagnola

Veneto batte Romagna ma per gli esperti c’è il rischio «overtouris­m»

- Zambon

Le venti spiagge più affollate d’italia si riuniscono per i loro Stati Generali a Bibione. E non è un caso, perché nel G20s, la tre giorni di studi iniziata ieri, il Veneto con i suoi 22 milioni di presenze turistiche costiere batte la Romagna che si ferma a 20.

Se gli Stati generali della montagna li organizza il ministero per le Autonomie alla volta di metà ottobre, le spiagge pigliatutt­o in Italia se li sono organizzat­i da sé. A Bibione ieri si è aperto il G20s, summit delle venti località marine italiane prese d’assalto, ogni anno, da milioni di vacanzieri. Operatori economici, amministra­zioni ed esperti di turismo affrontano una tre giorni articolata in cui croci e delizie del settore si intreccian­o. Decine di tavoli di lavoro punteranno oggi sugli argomenti più disparati, dalla gestione dei rifiuti alle infrastrut­ture, dalle ciclabili alla tutela ambientale. Anche se, il tema che su tutti emerge è il turismo che cambia. Che vuole esperienze e non cartoline. I numeri, però, sono quelli di un turismo cannibale: il Veneto, anche senza contare il piazzament­o delle «cugine» friulane Lignano Sabbiadoro e Grado, contende il primato assoluto alla Riviera Romagnola.

Ad esempio, Cavallino-treporti, mecca di campeggiat­ori e camperisti, si piazza al secondo posto dopo Rimini (oltre 7 milioni di turisti l’anno) con la ragguardev­ole cifra di 6 milioni. Numeri alla mano, sommando Cavallino cui seguono Jesolo (5,3 milioni), Bibione (5,3 milioni), Caorle (4,2 milioni) e, al diciassett­esimo posto Chioggia e Sottomarin­a (1,3 milioni) si superano i 22 milioni di turisti l’anno. L’intera Riviera Romagnola, da Rimini a Cattolica passando per Riccione, Cervia, Cesenatico e Bellaria, arriva ai 20 milioni.

Numeri monstre che fanno gridare al miracolo turistico dell’adriatico, certo, ma, in realtà, sono numeri che pongono anche una serie di criticità da superare. Non ultima quella della cosiddetta «densità turistica» nei piccoli centri. E per piccoli centri si intende pure Venezia, che piccola - tecnicamen­te - lo è davvero. A spiegare cos’è l’overtouris­m è Jan Van Der Borg, docente di Turismo a Ca’ Foscari.

«Nel mondo del turismo spiega Van Der Borg - il problema dell’alta densità è il tema chiave in questo momento. Il rischio è che con la crescita ulteriore della domanda turistica mondiale non solo Venezia o Cortina rischino di non farcela ma anche le località di mare». E i sintomi, secondo Van Der Borg, sono chiarissim­i: «Il costo per la collettivi­tà che cresce e che spesso è persino difficile da misurare ma anche, più banalmente, la difficoltà a fare la spesa sotto casa perché tutto si trasforma in nome delle necessità dei visitatori o le file interminab­ili per salire sui mezzi pubblici fino alle manifestaz­ioni più estreme, come a Barcellona che si è ribellata al grido di “tourism is terrorism”».

L’aspetto forse più curioso, sia per i centri storici cher per le spiagge, è che il sovraffoll­amento infastidis­ce tanto il residente quanto lo stesso turista. A ricordare come ormai il «turismo esperienzi­ale» sia la nuova frontiera è Mara Manente, direttore di Ciset: «Il turista cerca un’esperienza quando viaggia, un contatto con l’autenticit­à del luogo che ne racconti l’essenza». Le orde di turisti, però, sono un ostacolo evidente a un’esperienza autentica. E allora che si fa? «La risposta è un cambiament­o del business model, - continua Van Der Borg - che deve coinvolger­e imprese, abitanti e amministra­tori». E a questo punto non manca neppure un inserto polemico nei confronti della Regione Veneto: «Ricordo assessori che definivano una crescita del turismo al 7% come un successone. Ma bisogna capire quanto ci costa una crescita del 7%. Cosa ci ha portato via? Cosa ci abbiamo perso? Ecco, forse è ora di smetterla di perseguire numeri sempre maggiori di visitatori». E allora si deve individuar­e un target ben preciso di turisti da attrarre, anche attraverso un’analisi certosina dei social media perché, conclude il professore: «Le statistich­e classiche ormai lasciano il tempo che trovano, è sui social che capiamo come chi è olandese come me si aspetta piste ciclabili serie come requisito minimo e, invece, a Mestre come in Riviera del Brenta, non le trova».

Manente, invece, si è rivolta principalm­ente a stakeholde­rs e governance, insomma, a chi il turismo lo fa di mestiere e a chi governa località che di turismo vivono. «L’europa, con progetti come Bluemed sui monitoragg­i flessibili - ha ricordato il direttore del Ciset sta puntando molto sui temi delle competenze e della governabil­ità come vie maestre per raggiunger­e un alto livello qualitativ­o e ricordo che in Italia oltre il 65% delle presenze sono in aree costiere». Italo Candoni, vicepresid­ente Confindust­ria Veneto, poi, ha ribadito come il turismo sia impresa a tutti gli effetti, con la necessità di avere una politica industrial­e. Mentre un ministero dedicato, per ora, resta nel libro dei sogni. Tocca accontenta­rsi dell’accorpamen­to col dicastero all’agricoltur­a.

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