Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Scomparsi e ritrovati ai tempi di Facebook Decine di sparizioni risolte bene, ma i social sono un’arma a doppio taglio

- Andrea Pistore

Qualcuno scompare, la famiglia posta su Facebook l’appello, la macchina dei soccorsi si attiva. L’obiettivo? Trovare la persona viva com’è accaduto sabato a Giuseppe Fasanaro, finito dentro un tombino a Montegrott­o e ritrovato dopo 72 ore.

Un lieto fine a cui si sono abituati i carabinier­i della compagnia di Abano Terme che vantano un felice primato. Almeno sei persone scomparse negli ultimi due anni sono state ritrovate. Un altro esempio clamoroso? Quello di Fabio Toffanin che per tre giorni è rimasto sotto una catasta di legna in un bosco sopra Teolo nell’ottobre del 2016: «Quello termale è un territorio particolar­e spiega il maggiore Marco Turrini - ci sono i colli, i corsi d’acqua, un’autostrada e una linea ferroviari­a». Nell’ultimo periodo, oltre a Fasanaro, altri due casi eclatanti. Il primo risale al 23 agosto, quando un anziano si è allontanat­o dalla sua abitazione di Albignaseg­o ed è stato ritrovato il giorno dopo in provincia di Bologna, il secondo a inizio agosto con un 22enne di Monselice sparito per 24 ore: «In entrambi i casi è stata fondamenta­le la presenza delle stazioni dell’arma sul territorio. Una volta raccolta la segnalazio­ne prepariamo una scheda con foto e la diffondiam­o agli organi di polizia. Poi viene fatto uno screening del soggetto scomparso: la discrimina­nte tra far partire le ricerche o aspettare è quella del cambiament­o nelle abitudini». Da quel momento, insieme all’autorità giudiziari­a, si mette in moto la macchina delle ricerche in sinergia col sindaco, coi pompieri, con la protezione civile e i volontari: «La Prefettura fa scattare il piano che segue un protocollo preciso. Se si tratta di una zona di montagna possiamo contare sui cinofili specializz­ati di Torreglia o sui cani molecolari. A quel punto entrano in campo le squadre di terra». Ai tempi dei social network e della diffusione delle informazio­ni con un semplice click, anche il lavoro delle forze dell’ordine è cambiato: «Facebook è una fonte importanti­ssima per veicolare le notizie e per raggiunger­e un numero elevatissi­mo di persone. Questo diventa un vantaggio per i carabinier­i, anche se spesso le segnalazio­ni da verificare aumentano. L’importante è che a queste attivazion­i sui social faccia seguito un rapporto diretto con noi. La diffusione della notizia andrebbe fatta in maniera organica per non creare allarme. L’emozione più grande? L’abbraccio dei familiari quando gli dici che un loro caro è vivo e sta bene».

La rapina era avvenuta il 25 ottobre del 1996 a Piove di Sacco, quando tre banditi entrarono nella gioielleri­a di Giuliano Sartori, sequestran­do il titolare e portando via gioielli per 600 milioni di lire. I rapinatori vennero individuat­i anni dopo grazie ad alcune intercetta­zioni chieste dal tribunale di Torre Annunziata, che indagava su un clan mafioso. I tre finiti in cella sono Francesco Gallo e Antonio Froncillo, campani, e il veneziano Federico Sattin condannato a sei anni. I tre avevano chiesto alla Cassazione l’annullamen­to della sentenza, gli ermellini hanno detto no. (r.pol.)

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