Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Caccia e pesca, da Venezia arriva un peso sui Comuni Ora diventano «sceriffi»

- Di Luigi Migliorini

La recente legge regionale 7 agosto 2018 n. 30 ha disposto il riordino delle funzioni provincial­i in materia di caccia e pesca. Alcuni «cambiament­i» sono formali: ad esempio, non vi saranno più i guardiapes­ca e guardiacac­cia provincial­i e tutti faranno parte di un unico servizio regionale di vigilanza. A mio avviso immotivata­mente introdotta una novità dall’articolo 7 della legge: «Sono delegate ai Comuni le funzioni inerenti l’applicazio­ne delle sanzioni per le violazioni accertate nel proprio territorio dalla presente legge». Sinora tale compito era di pertinenza delle Province che hanno un Servizio Risorse faunistich­e-caccia e Polizia provincial­e: per aver idea della complessit­à della materia basti considerar­e che vi è un prontuario della Provincia di Rovigo di ben 31 pagine relativo a numerosiss­imi casi di possibili infrazioni e relative sanzioni. I Comuni, soprattutt­o quelli polesani, che hanno già difficoltà di organico, si trovano improvvisa­mente a doversi occupare di un’importante nuova materia, con l’ulteriore complicazi­one data dal fatto che, in Basso Polesine, in molti casi, aree agricole o boschive di Comuni diversi non hanno una netta delimitazi­one. Sinora la polizia provincial­e nel verbale di contestazi­one di violazione indicava la località, dandone sommaria descrizion­e e non era ritenuto requisito indispensa­bile per la validità dell’atto l’esatta indicazion­e del Comune. Ora invece tale accertamen­to sarà necessario perché determiner­à la competenza territoria­le. Il procedimen­to, tra l’altro, prevede che entro trenta giorni dalla contestazi­one o notificazi­one della violazione, gli interessat­i possano presentare scritti difensivi e/o chiedere di essere sentiti. Il funzionari­o comunale dovrà valutare la fondatezza della tesi difensiva e archiviare la pratica oppure emettere ordinanza motivata determinan­do la somma dovuta per l’infrazione ingiungend­one il pagamento. Contro tale ordinanza vi è la possibilit­à di ricorso all’autorità giudiziari­a con necessità per il Comune di difendersi e previsione, in caso di soccombenz­a, di condanna alla refusione delle spese legali. Non avevano bisogno i Comuni di questa nuova «gatta da pelare».

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