Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il «Cacciatore di stadi» a quota 526 e sangue veneto «Un libro, ma è solo l’inizio»

- D. C.

È nato a Saronno, ma ha la madre Maria Giovanna padovana doc, i nonni materni veneti sparsi sulla direttrice Padovarovi­go e la nonna paterna a sua volta veneta. Federico Roccio, 29 anni, sarà ospite fra domani e sabato di due diversi eventi nella città del Santo: prima al Green Street Pub di via Dante e poi del «Berlino Beer Music and Friends» di via Ognissanti. Sul piatto la presentazi­one ufficiale del suo libro «Il Cacciatore di Stadi», un successo annunciato destinato a ottenere una vasta eco mediatica.

Roccio, nel suo continuo peregrinar­e in tutta Europa, ha raggiunto la bellezza di 526 stadi visitati in 33 Paesi diversi. Tutti «fatti» quelli italiani, «Euganeo» e tutti i principali impianti veneti. Uno degli ultimi, il 523°, è stato lo Stade «Josy Barthel» di Lussemburg­o (nella foto) per Lussemburg­omoldavia.

«Ma nei due giorni successivi — sorride Roccio — ne ho visitati altri tre e sono arrivato a 526. E non ho intenzione di fermarmi. Uno di quelli a cui sono più affezionat­o è la Ludogorets Arena di Razgrad, in Bulgaria, per assistere al match di Europa League Ludogorets-milan. Era il numero 500, un traguardo che mi ha riempito d’orgoglio».

Roccio, in questi giorni in Grecia, è pronto per il tour padovano, «la terra dei miei nonni e di mia madre». Una visita che verrà completata da un’ospitata televisiva negli studi di Telenuovo. «“Il Cacciatore di stadi” non è stato pensato come un’opera perfetta — spiega Federico — ma vorrebbe invece rappresent­are uno stimolo a cercare sempre la bellezza nella vita, in ciò che facciamo, al lavoro o nel tempo libero, in quanto abbiamo di più caro, in chi ci sta accanto, in chi incontriam­o nel nostro cammino. Mi piacerebbe arrivare al cuore di ciascun lettore».

Chiusura con una chicca. «La partita più assurda a cui ho assistito — sorride Roccio — è stata Bodrumspor-muglaspor, Quarta Serie turca. C’erano 40 gradi, un clima impossibil­e e il cartello “No facebook” all’ingresso. Indimentic­abile».

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