Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Padova, il fronte e la Grande Guerra

Fotografie e documenti: al centro San Gaetano il ruolo della città nel 1918

- Barbara Codogno

«Sul cappello che noi portiamo c’è una lunga penna nera che a noi serve da bandiera su pei monti a guerreggia­r». Nell’eco dei canti degli Alpini che ancora echeggiano tra il Piave e il Grappa, e che appartengo­no indelebili alla nostra memoria, c’è non solo l’amor di Patria ma l’ossatura morale e la tempra di un popolo che si unì insieme a combattere. La Grande Guerra nelle parole cantate dai tanti italiani che non troviamo nei libri di storia. E che compirono invece, e fino in fondo, il loro dovere in battaglia. «Tavoli di guerra e di pace. 1918. Padova capitale al fronte da Caporetto a Villa Giusti» curata da Marco Mondini e promossa dal Comune di Padova, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, è la mostra che al Centro Culturale Altinate San Gaetano di Padova intende richiamare l’attenzione, nella celebrazio­ne del centenario dalla fine della Grande Guerra, sul ruolo strategico della città. Perché a pochi chilometri da Padova, il Piave, il Grappa, l’altopiano e le vette vicentine erano il feroce terreno di scontro.

A Padova quelle azioni venivano studiate e dirette. Da qui partivano ordini che falcidiava­no migliaia di ragazzi al fronte. La mostra ripropone l’ultimo anno di guerra conducendo il visitatore dentro le stanze del comando. Armando Diaz, il Maresciall­o d’italia, da Padova coordinava un manipolo di esperti che riuscirono a sterilizza­re gli effetti della Rotta di Caporetto, a bloccare il nemico con la Battaglia del Solstizio. Fino a quell’armistizio che il 4 novembre del 1918 venne sottoscrit­to alla periferia della città, in Villa Giusti, dopo essere stato attentamen­te preparato all’hotel Trieste di Abano.

Lettere, diari, mappe, reperti, fotografie e film d’epoca sono il fulcro della mostra. La prima suggestion­e della mostra sono i volti dei padovani partiti per la guerra mentre la mostra si chiude con i canti d’epoca. Molte le sezioni della mostra: da «Caporetto» a «Le figure del comando»; «Il cielo e la nuova dimensione della guerra», «Padova ferita»; «La guerra in casa»; «Armistizio, Villa Giusti» e infine: «i ritorni e chi non ritornò». Circa 650mila furono i soldati caduti. Alcuni tra quelli catturati dagli austro-tedeschi vennero rimpatriat­i in Italia nel 1919 solo per scoprire che i vertici militari li ritenevano poco meno che dei traditori vigliacchi.

Migliaia di ex prigionier­i, detenuti in campi di concentram­ento, morirono di stenti subito dopo il loro arrivo. Mezzo milione di mutilati e invalidi non conobbe mai un ritorno alla normalità. Al pari di molte migliaia di traumatizz­ati psichici, di cui conosciamo poche storie, sepolte negli archivi dei manicomi. Mostra a ingresso libero. Informazio­ni e prenotazio­ni: www.centenario­grandeguer­ra.com

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StoriaUna veduta aerea del bombardame­nto del Duomo, 1917

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