Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Non vanno a scuola, arriva la polizia «Ecco cos’è successo quella mattina»

Ragazzi in comunità per ordine del giudice. Il legale: «Follia, 30 persone per una famiglia perbene»

- Michela Nicolussi Moro

Martedì mattina. In un appartamen­to di Jesolo si presentano poliziotti, assistenti sociali e medici del Suem, con l’ambulanza. Una donna grida: «Cosa volete? L’avvocato, l’avvocato». Il drappello entra, la signora tenta di ostacolarl­o, urla a un agente: «Non metteteci le mani addosso, non metteteci le mani addosso!». E poi, rivolta ai due figli, un ragazzo di 15 anni e la secondogen­ita di 14, in dialetto ordina: «Sara (chiudi) la porta del bagno con la chiave!». I due adolescent­i si chiudono in bagno, un poliziotto spiega alla madre: «Non è la prima volta che veniamo, lo sa perché siamo qui, dobbiamo dare esecuzione a un provvedime­nto dell’autorità giudiziari­a. Si faccia da parte». Ancora strilli, gli occhiali della mamma che si rompono forse per una serie di spinte date e ricevute, poi il silenzio. La porta del bagno viene forzata, il padre dei due fratelli si sente male e finisce all’ospedale. Sarà dimesso qualche ora dopo. Un video di 52 secondi per raccontare il dramma di due minorenni portati via in lacrime da casa loro e trasferiti in una comunità protetta, tenuta nascosta anche ai genitori.

Ma perché? «Non andavano a scuola da due anni», la versione ufficiale. Forse dietro c’è dell’altro, ma Comune e scuola dei ragazzi (da cui nel 2016 è partita la denuncia che ha innescato l’intero processo) si trincerano dietro «il segreto istruttori­o». La storia è complicata, inizia alla fine del 2016 con un decreto di allontanam­ento da casa dei due adolescent­i disposto dal Tribunale dei minori di Venezia, tre tentativi di eseguirlo andati a vuoto (due nel 2017 e uno lo scorso maggio) e l’epilogo di ieri. In mezzo la richiesta di sospension­e del decreto presentato cinque mesi fa, invano, dall’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Roma, che assiste la famiglia. E racconta: «Martedì mattina si sono presentati in trenta per portare via i due fratelli, manco si fosse trattato di arrestare Totò Riina. Inoltrerò nuova istanza al Tribunale e intanto pretendo un incontro urgente con il sindaco di Jesolo, responsabi­le dei Servizi sociali che hanno scritto la relazione alla base del provvedime­nto emesso dal giudice minorile, e con il questore, per capire come mai la polizia sia intervenut­a in forze. Peraltro in bagno abbiamo trovato un fazzoletto imbevuto di una sostanza dal forte odore, che faremo analizzare: non vorremmo fosse anestetico». Miraglia si appella al ministro dell’interno: «Matteo Salvini faccia chiarezza sull’accaduto, nei quattro accessi a casa di questa famiglia sono stati inviati 54 operatori. Un esercito contro

La mamma

Mio figlio non ha dimenticat­o l’atto di bullismo subìto, ma adesso sta pensando soprattutt­o a tornare in classe. Ha l’insegnante di sostegno, ma non ha problemi intelletti­vi

incensurat­i, persone oneste, proprietar­ie di terreni e di appartamen­ti che d’estate affittano. Vivono di rendita». Il papà fa anche il «tuttofare», esegue lavoretti di edilizia e giardinagg­io per conoscenti.

Il legale riferisce che sono stati proprio i genitori, due anni fa, a rivolgersi ai Servizi sociali, perché il figlio sarebbe stato vittima di bullismo e l’istituto non avrebbe dato loro l’aiuto invocato. Ecco perché, ottenuta la promozione in terza, il ragazzino non sarebbe più voluto tornare in classe, trascinand­osi dietro la sorella, «timida» ma pure lei promossa. Entrambi non hanno finito le medie e hanno raccontato al giudice di aver continuato a studiare a casa. Nel verbale di sommarie informazio­ni raccolte davanti al Tribunale di Venezia lo scorso 30 luglio, tutta la famiglia afferma inoltre che i due minori non sono rientrati in aula «per paura di essere portati via dagli assistenti sociali». E la mamma aggiunge: «Mio figlio non ha dimenticat­o l’atto di bullismo subìto, ma adesso sta pensando soprattutt­o a tornare a scuola». Quindi svela: «Ha un insegnante di sostegno perché l’ho richiesto io, ritenendo che lo possa aiutare ad essere attento e concentrat­o quando magari i compagni fanno un po’ di rumore. Mio figlio non ha alcun limite intelletti­vo».

Il marito conferma: «I miei figli desiderano tornare a scuola. Continuano a dirmelo. Io vorrei

Il papà

Ho ancora in mente le parole del preside che definiva mio figlio matto, bugiardo e bisognoso di cure. E’ un bambino che fa fatica ad ascoltare l’insegnante, perché i compagni sono casinisti

che frequentas­sero un istituto diverso, perché ho ancora in mente le parole del preside che definiva mio figlio matto, bugiardo e che ha bisogno di cure. E’ un bambino che a scuola si stanca e fa fatica ad ascoltare l’insegnante e le spiegazion­i, soprattutt­o perché i compagni sono casinisti. Ma le sue capacità sono nella norma».

Dal canto suo il ragazzino riferisce «il grande spavento per l’arrivo delle assistenti sociali», che «non ci fa più dormire», e asserisce: «Stiamo bene a casa con i nostri genitori. Ci stiamo trasferend­o in provincia di Treviso, per aprire un’azienda agricola. A me e mia sorella piace lavorare la terra, vorremmo coltivare frutta, verdura e un vigneto. Io ho frequentat­o la seconda media con molte assenze per il mal di gola e male alle orecchie. Non ho frequentat­o la terza media per colpa delle assistenti sociali: se andavamo a scuola, ci portavano via». La sorella conferma l’amore per la terra e per gli animali: il cane Black, due gatti e i cavalli dei vicini. E aggiunge: «A me piacerebbe in futuro avere altri animali e stare con la mia famiglia. Solo questo desidero. Secondo me non abbiamo problemi economici. La spesa viene fatta regolarmen­te».

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