Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Non vanno a scuola, arriva la polizia «Ecco cos’è successo quella mattina»
Ragazzi in comunità per ordine del giudice. Il legale: «Follia, 30 persone per una famiglia perbene»
Martedì mattina. In un appartamento di Jesolo si presentano poliziotti, assistenti sociali e medici del Suem, con l’ambulanza. Una donna grida: «Cosa volete? L’avvocato, l’avvocato». Il drappello entra, la signora tenta di ostacolarlo, urla a un agente: «Non metteteci le mani addosso, non metteteci le mani addosso!». E poi, rivolta ai due figli, un ragazzo di 15 anni e la secondogenita di 14, in dialetto ordina: «Sara (chiudi) la porta del bagno con la chiave!». I due adolescenti si chiudono in bagno, un poliziotto spiega alla madre: «Non è la prima volta che veniamo, lo sa perché siamo qui, dobbiamo dare esecuzione a un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Si faccia da parte». Ancora strilli, gli occhiali della mamma che si rompono forse per una serie di spinte date e ricevute, poi il silenzio. La porta del bagno viene forzata, il padre dei due fratelli si sente male e finisce all’ospedale. Sarà dimesso qualche ora dopo. Un video di 52 secondi per raccontare il dramma di due minorenni portati via in lacrime da casa loro e trasferiti in una comunità protetta, tenuta nascosta anche ai genitori.
Ma perché? «Non andavano a scuola da due anni», la versione ufficiale. Forse dietro c’è dell’altro, ma Comune e scuola dei ragazzi (da cui nel 2016 è partita la denuncia che ha innescato l’intero processo) si trincerano dietro «il segreto istruttorio». La storia è complicata, inizia alla fine del 2016 con un decreto di allontanamento da casa dei due adolescenti disposto dal Tribunale dei minori di Venezia, tre tentativi di eseguirlo andati a vuoto (due nel 2017 e uno lo scorso maggio) e l’epilogo di ieri. In mezzo la richiesta di sospensione del decreto presentato cinque mesi fa, invano, dall’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Roma, che assiste la famiglia. E racconta: «Martedì mattina si sono presentati in trenta per portare via i due fratelli, manco si fosse trattato di arrestare Totò Riina. Inoltrerò nuova istanza al Tribunale e intanto pretendo un incontro urgente con il sindaco di Jesolo, responsabile dei Servizi sociali che hanno scritto la relazione alla base del provvedimento emesso dal giudice minorile, e con il questore, per capire come mai la polizia sia intervenuta in forze. Peraltro in bagno abbiamo trovato un fazzoletto imbevuto di una sostanza dal forte odore, che faremo analizzare: non vorremmo fosse anestetico». Miraglia si appella al ministro dell’interno: «Matteo Salvini faccia chiarezza sull’accaduto, nei quattro accessi a casa di questa famiglia sono stati inviati 54 operatori. Un esercito contro
La mamma
Mio figlio non ha dimenticato l’atto di bullismo subìto, ma adesso sta pensando soprattutto a tornare in classe. Ha l’insegnante di sostegno, ma non ha problemi intellettivi
incensurati, persone oneste, proprietarie di terreni e di appartamenti che d’estate affittano. Vivono di rendita». Il papà fa anche il «tuttofare», esegue lavoretti di edilizia e giardinaggio per conoscenti.
Il legale riferisce che sono stati proprio i genitori, due anni fa, a rivolgersi ai Servizi sociali, perché il figlio sarebbe stato vittima di bullismo e l’istituto non avrebbe dato loro l’aiuto invocato. Ecco perché, ottenuta la promozione in terza, il ragazzino non sarebbe più voluto tornare in classe, trascinandosi dietro la sorella, «timida» ma pure lei promossa. Entrambi non hanno finito le medie e hanno raccontato al giudice di aver continuato a studiare a casa. Nel verbale di sommarie informazioni raccolte davanti al Tribunale di Venezia lo scorso 30 luglio, tutta la famiglia afferma inoltre che i due minori non sono rientrati in aula «per paura di essere portati via dagli assistenti sociali». E la mamma aggiunge: «Mio figlio non ha dimenticato l’atto di bullismo subìto, ma adesso sta pensando soprattutto a tornare a scuola». Quindi svela: «Ha un insegnante di sostegno perché l’ho richiesto io, ritenendo che lo possa aiutare ad essere attento e concentrato quando magari i compagni fanno un po’ di rumore. Mio figlio non ha alcun limite intellettivo».
Il marito conferma: «I miei figli desiderano tornare a scuola. Continuano a dirmelo. Io vorrei
Il papà
Ho ancora in mente le parole del preside che definiva mio figlio matto, bugiardo e bisognoso di cure. E’ un bambino che fa fatica ad ascoltare l’insegnante, perché i compagni sono casinisti
che frequentassero un istituto diverso, perché ho ancora in mente le parole del preside che definiva mio figlio matto, bugiardo e che ha bisogno di cure. E’ un bambino che a scuola si stanca e fa fatica ad ascoltare l’insegnante e le spiegazioni, soprattutto perché i compagni sono casinisti. Ma le sue capacità sono nella norma».
Dal canto suo il ragazzino riferisce «il grande spavento per l’arrivo delle assistenti sociali», che «non ci fa più dormire», e asserisce: «Stiamo bene a casa con i nostri genitori. Ci stiamo trasferendo in provincia di Treviso, per aprire un’azienda agricola. A me e mia sorella piace lavorare la terra, vorremmo coltivare frutta, verdura e un vigneto. Io ho frequentato la seconda media con molte assenze per il mal di gola e male alle orecchie. Non ho frequentato la terza media per colpa delle assistenti sociali: se andavamo a scuola, ci portavano via». La sorella conferma l’amore per la terra e per gli animali: il cane Black, due gatti e i cavalli dei vicini. E aggiunge: «A me piacerebbe in futuro avere altri animali e stare con la mia famiglia. Solo questo desidero. Secondo me non abbiamo problemi economici. La spesa viene fatta regolarmente».