Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Imprese di famiglia «Piccole, ma in più hanno un’anima»

La sfida per rimanere al passo: «Aprirsi»

- di Matteo Sorio

Sono tantissime, scontano qualche luogo comune, cercano il giusto equilibrio tra la dimensione di famiglia – appunto – e l’apertura a forze (vedi manager) esterne. Quattro volti: Dario Voltattorn­i (Associazio­ne italiana imprese di famiglia), Raffaele Boscaini (Masi Agricola), Paolo Agnelli (presidente del Gruppo Agnelli, alluminio), Andrea Bolla (Vivigas). E quattro storie legate a «quel mondo dell’impresa di famiglia che è parte considerev­ole dell’ossatura delle imprese italiane, soprattutt­o nel Nordest», come premesso dal direttore del Corriere del Veneto-corriere di Verona, Alessandro Russello, nell’aprire l’affollato convegno di ieri a Univerò, titolo «Le imprese di famiglia sono ancora una risorsa?» (presenti anche i laureandi del corso di marketing e comunicazi­one della professore­ssa Paola Signori).

A fornire i numeri, Voltattorn­i: «Intanto sfatiamo un falso mito e cioè che le imprese di famiglia esistano solo in Italia: da noi incarnano l’85% delle imprese, negli Usa addirittur­a il 90, in Spagna l’83, in Francia il 75. Altra falsa credenza è che queste imprese non assumano: fra 2004 e 2016, in Italia, circa 250 mila persone sino entrate in organico, mentre le imprese statali hanno licenziato e le filiali di multinazio­nali hanno aumentato di poco. La differenza è che le imprese di famiglia italiane sono più “piccole” per fatturato (in Veneto sono 1.500 quelle che superano i 20 milioni di euro l’anno) e hanno meno manager esterni». Le sfide, secondo Voltattorn­i: «Più manager da fuori. Cercare di crescere, cosa che l’italia fa poco, andando sul mercato internazio­nale. Quindi “aprire” il capitale, perché per crescere o la famiglia investe o cerca altri modi per finanziars­i: la famiglia Boscaini, ad esempio, ha scelto di quotarsi in Borsa».

Detto – sempre da Voltattorn­i – che «spesso i padri fondatori hanno difficoltà a lasciare perché scoprono di

” Voltattorn­i Le aziende familiari in Italia hanno assunto molto più delle altre

” Agnelli La gestione in famiglia si adatta meglio ai periodi più grami

non aver avuto altra passione al di fuori dell’azienda», ecco l’esempio citato di Boscaini e Masi Agricola nel vino: «Nel mio caso – spiega Raffaele Boscaini, settore marketing dell’azienda – l’inseriment­o è stato graduale fin da piccolo. La cosa che differenzi­a di più le imprese di famiglia è l’anima, che rende il prodotto diverso. Quanto al lavoro interno, se in famiglia manca una certa risorsa non si tentenna nel guardare all’esterno».

Nel caso del Gruppo Agnelli si parla di un’azienda con 111 anni di vita, pioniera dell’alluminio in Italia, oggi alla quarta generazion­e, sede principale Bergamo: «Aprirsi ai manager esterni? Bene, ma non è matematico che tuo figlio ingegnere sia imbecille e il figlio ingegnere del calzolaio, invece, una cima – rimarca Paolo Agnelli –. La gestione famigliare, poi, può adattarsi meglio ai periodi grami, in cui devi saper aspettare per fare utile: il manager che pensa a fare risultato e ai premi può decidere operazioni che non fanno bene all’azienda».

Infine Andrea Bolla, già presidente di Confindust­ria Verona, oggi a capo di Vivigas: «Sono cresciuto con esperienze fuori dall’azienda di famiglia, ed è stato importante, poi mio padre mi chiese di rientrare per dare una mano. Chiaro che se a un certo punto le esigenze di crescita sono superiori alla capacità della famiglia di farvi fronte, bisogna avere il coraggio di aprirsi. Ma la soluzione è prima di tutto il rispetto per l’azienda».

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Il dibattitoG­li imprendito­ri Bolla,boscaini, Agnelli e Voltattorn­i con il direttore del Corriere Veneto, Russello, e la prof. Signori

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