Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Frasi razziste docente condannata
Venezia, un anno alla docente che contestava i salvataggi in mare. Il difensore: «Faremo appello»
«Un altro salvataggio, ma non potevate lasciarli morire?», aveva scritto riferendosi ai migranti in un post sui social. Ed era solo uno dei tanti per i quali la docente di inglese del liceo Marco Polo di Venezia era finita sotto inchiesta. L’accusa era di istigazione all’odio razziale e ieri è arrivata la sentenza: condannata a un anno, pena sospesa.
«Un altro salvataggio, ma non potevate lasciarli morire?», aveva scritto riferendosi ai migranti. Poi aveva commentato la notizia di alcuni musulmani che avevano sputato sul crocifisso di una chiesa a Venezia, scrivendo: «Bisogna ucciderli tutti». Post che non sono passati inosservati ai suoi amici di Facebook e nemmeno ai suoi studenti che, essendo lei appena arrivata al liceo classico Marco Polo di Venezia, erano andati a sbirciare sul suo profilo. Commenti per i quali l’ex professoressa di Inglese Fiorenza Pontini era finita a processo. L’accusa era di istigazione all’odio razziale e ieri è arrivata la sentenza.
L’ex docente è stata condannata a un anno di reclusione con pena sospesa. «Era un processo perso in partenza — ammette il suo avvocato, Renato Alberini — ma non molleremo. Mi riservo di valutare un ricorso in appello».
Il legale, che già in passato aveva sostenuto che quei commenti fossero considerazioni in libertà non connotate da una pericolosità, aspetterà le motivazioni della sentenza, che arriveranno entro i prossimi sessanta giorni e si confronterà con Pontini, che ieri era presente in aula.
I post di Fiorenza Pontini risalgono all’estate del 2016. Tra i commenti scritti dall’ex insegnante, c’erano anche: «Poi ho torto quando dico che bisogna eliminare anche i bambini dei musulmani, tanto sono tutti futuri delinquenti». Pontini in un’occasione aveva insultato anche l’allora presidente della Camera, Laura Boldrini, definendola «schifosa, puttana, troia».
Commenti pesanti, soprattutto quelli riferiti ai migranti e ai musulmani e che, secondo il procuratore aggiunto di Venezia Paola Mossa, contenevano «un grande odio verso queste categorie di soggetti e anche un’istigazione». Un’incitazione che, invece, per l’avvocato Alberini non c’è stata. «Semmai è avvenuto il contrario», ha detto il legale durante la sua arringa riferendosi al fatto che, all’epoca, erano stati gli stessi studenti ad accorgersi dei post e a segnalarli ai genitori, i quali avevano informato il dirigente scolastico. Pontini era stata licenziata in tronco e, successivamente, era stata trasferita come amministrativa all’ufficio scolastico regionale, dove tutt’ora lavora.
«Non è già il non poter più insegnare una punizione? — ha aggiunto Alberini —. In trent’anni di insegnamento Fiorenza Pontini non ha mai avuto procedimenti disciplinari in tal senso. La reazione che si è scatenata e la gogna mediatica a cui è stata sottoposta sono state spropositate. Un vero e proprio massacro mediatico, tanto che per giorni non usciva di casa. Non meritava di arrivare a un procedimento penale».
Eppure, per l’accusa Facebook era una sorta di strumento di contatto con i ragazzi. «Non si è trattato di una frase occasionale ma di espressioni ripetute, la cui potenzialità dev’essere ricollegata al ruolo che l’imputata svolgeva», ha detto Paola Mossa, chiedendo una condanna a 15 mesi di reclusione. Per la difesa, al contrario, mancava la «concretezza della pericolosità nei commenti». L’avvocato Alberini, al termine di una lunga arringa difensiva, aveva chiesto l’assoluzione, ma un’ora più tardi è arrivata la sentenza. Un anno di reclusione con la concessione delle attenuanti generiche e un risarcimento di 3 mila euro in via definitiva, oltre al pagamento di 3 mila euro di spese all’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che si era costituita parte civile. Si tratta di un gruppo di avvocati e studiosi che si occupa di promuovere la tutela dei diritti nei confronti degli stranieri e che, attraverso l’avvocato Fabrizio D’avino, aveva chiesto un risarcimento di 10 mila euro.