Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ricostruzione, l’ira dei sindaci
Dall’agordino all’altopiano: «I quindici milioni sono briciole, qui c’è bisogno di tutto»
«I 15 milioni destinati dal governo al Veneto? Bricio- le, servono a malapena per mettere in sicurezza una strada». Dal Bellunese all’altopiano di Asiago il coro dei sindaci dei Comuni danneggiati dal maltempo è unanime: «Stiamo provvedendo da soli ai lavori di somma urgenza, ma il difficile viene dopo, con la ricostruzione di un territorio distrutto. Sono saltati strade, ponti, argini, linee elettriche e telefoniche, tetti. Abbiamo un miliardo di danni».
«I 15 milioni destinati dal governo al Veneto per l’emergenza maltempo? Mi viene da piangere». Allarga le braccia Siro De Biasio, sindaco di Alleghe, che delle «briciole» in arrivo da Roma non sa che farsene. E come lui tutti gli altri primi cittadini dei Comuni colpiti dal nubifragio di fine ottobre, senza distinzione di colore: «Ma cosa volete che c’entri il partito in questa catastrofe?». «Ho il bar del paese, il park interrato e lo stadio chiusi per allagamento, oltre al lago pieno di legname e detriti — elenca De Biasio — perciò ai danni si aggiungono i mancati introiti. Il finanziamento statale è a dir poco irrisorio, fa rabbia. Lancio un appello ai turisti: gli impianti di risalita sono tutti funzionanti, si potrà sciare tranquillamente, venite». «I 15 milioni bastano appena per iniziare a mettere in sicurezza la provinciale 251 che ci collega al Cadore e che sostituisce l’alemagna quando è inagibile — si accoda Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo —. Per ripristinarla totalmente ne occorrono 40. Altri 4 milioni, secondo la stima dei geologi, sono necessari a mettere in sicurezza i terreni franati, e nemmeno tutti. E non abbiamo ancora i preventivi per la sistemazione della viabilità silvo-pastorale e dei sentieri turistici nel bosco. Le cifre annunciate da Palazzo Chigi di solito sono il risultato di raccolte fondi e non il ristoro di danni di tale portata».
E infatti gli amministratori, con l’aiuto di Regione, Protezione civile, vigili del fuoco, Geni, forestali e tanti volontari, si sono rimboccati le maniche e stanno provvedendo da sè ai lavori di somma urgenza. «Stiamo correndo per ripulire le strade allagate dall’esondazione dei torrenti, proteggere la zona industriale e artigianale, affrontare frane e la deviazione di corsi d’acqua — racconta Sisto Da Roit, sindaco di Agordo —. Se il governatore Luca Zaia lamenta perdite per un miliardo, come può Roma mandarci 15 milioni? Con cinque province colpite, sono 3 a testa: esattamente il bilancio del mio Comune, già insufficiente, e qui ci sono 4100 abitanti. Speriamo sia un acconto». «Una briciola piccolissima — sospira Leandro Grones, sindaco di Livinallongo — abbiamo chiesto al sottosegretario all’interno, Stefano Candiani, un aiuto pesante. Soprattutto perchè il difficile verrà dopo la fase dell’emergenza: bisognerà ricostruire un territorio bello ma fragile. Noi abbiamo 4 chilometri di strade da rifare e 3 chilometri di argini da rimettere in sesto lungo l’arteria delle Dolomiti, che ha fatto conoscere questo patrimonio Unesco al mondo. E poi ci sono il bosco sventrato, il problema di massi e valanghe, senza contare che a primavera gli alberi caduti ma anche quelli rimasti in piedi saranno attaccati dai parassiti». A Livinallongo 250 volontari hanno aperto le strade piene di alberi e detriti con le motoseghe e riparato i tetti. Ma ci sono ancora 50 case scoperchiate e otto sfollati.
«I vari pezzi della pubblica amministrazione devono collaborare tra loro, non andare in contrasto — avverte Silvia Tormen, sindaco di Taibon, paese che nel giro di quattro giorni è stato colpito dall’incendio, dal nubifragio e dal vento che ha distrutto la Valle di San Lucano — anche per liberarci dalla burocrazia che fa perdere tempo. Per fortuna noi 1800 abitanti siamo tutti vivi, gli argini hanno retto e anche i ponti, ma ora li sta mangiando l’erosione. Al prossimo evento, anche se meno potente, salterà tutto. E comunque la Col di Pra è ancora isolata telefonicamente e la viabilità è interdetta: comunichiamo con i residenti attraverso il ponte radio della Regione. Qui di soldi per risollevarci ce ne vogliono tanti, anche per prevenire». Non va meglio sull’altopiano di Asiago. «I 15 milioni bastano per mettere in sicurezza strade e piste da fondo — ragiona Emanuele Munari, sindaco di Gallio —. Noi abbiamo 200mila euro di danni alle infrastrutture comunali e 500mila alle malghe, che vanno sistemate prima che nevichi. Bisogna liberare le strade dagli alberi caduti e ripristinare la viabilità silvopastorale».
I danni
Da rifare strade, argini, tetti. L’appello ai turisti: «Venite a sciare, gli impianti funzionano»