Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Processo mediatico, giustizia e informazio­ne «Serve trasparenz­a nell’accesso agli atti»

- di Alessandro Macciò

Avvocati, magistrati, forze dell’ordine. Dietro alle notizie di cronaca giudiziari­a c’è un «puzzle» formato dalle «tessere» più o meno frammentar­ie fornite al giornalist­a in via confidenzi­ale da ciascuna di queste fonti. «Non sarebbe meglio mettere a disposizio­ne gli atti del processo in momenti definiti, per garantire la parità di accesso a tutti?»: a lanciare la proposta formulata dal collega Luigi Ferrarella è il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, ospite ieri a Padova del convegno «Virtù e limiti del processo mediatico» organizzat­o nella Sala dei Giganti dall’unione Triveneta dei consigli dell’ordine degli avvocati e dall’ordine degli avvocati di Padova.

Patrizia Corona, presidente dell’unione Triveneta, descrive il processo mediatico come «una calamità a cui non possiamo sottrarci» e chiama in causa l’ordine dei giornalist­i, invitato a «riscoprire il valore delle sanzioni disciplina­ri».

Fontana apre una riflession­e sui rapporti tra la macchina della giustizia e la stampa, auspicando una maggiore trasparenz­a nell’accesso agli atti, che ridurrebbe «i rischi di manipolazi­one» e garantireb­be in cambio «un’informazio­ne fatta meglio, perché basata solo sulla capacità di fare collegamen­ti» tra le parti di un insieme. «Alle sanzioni credo poco - ha aggiunto Fontana -. Ricevo una media di 10-15 querele alla settimana e non ho mai subito una condanna, anche perché spesso l’uso della querela ha a che fare con le intimidazi­oni più che con la fattualità. Il problema delle fake news è che si possono rimuovere, ma nel frattempo sono entrate in circolo e ci restano per sempre: quel che si fa prima è fondamenta­le, quel che si fa dopo conta poco o nulla. Per i giornalist­i, più che ad una multa, si potrebbe pensare a una “sanzione” che colpisce la reputazion­e, riconoscen­do l’errore».

Nel dibattito sul processo mediatico, aperto in mattinata dall’avvocato Giuseppe Pavan, Fontana affronta i nodi aperti: «Sono contrario all’assenza di regole e all’esagerazio­ne, ma non sono d’accordo con chi lascia intendere che il processo non dovrebbe svolgersi in pubblico, che le carte dovrebbero essere riservate e che il diritto all’informazio­ne sarebbe meno rilevante di altri aspetti. Il giornalist­a deve sempre cercare l’equilibrio tra il diritto del cittadino a essere informato, la presunzion­e d’innocenza e il rispetto della privacy».

Pur senza negare «che giustizial­ismo e protagonis­mo può circolare tra giornalist­i ma anche nei palazzi di giustizia», Fontana vede il bicchiere mezzo pieno: «La violazione del segreto è un tema usato spesso a proposito, perché ormai i casi in cui la notizia si basa su atti che non sono ancora a conoscenza di tutte le parti in causa sono rarissimi. Non tutto è rimasto come una volta: non si vedono più foto di persone arrestate in manette, la carta che tutela i diritti dei minori è rispettata e non ci sono più paginate di intercetta­zioni offerte senza filtri. Ora si ragiona per cercare di capire quali

Luciano Fontana Un equilibrio tra il diritto del cittadino di essere informato e la presunzion­e d’innocenza

Pierantoni­o Zanettin C’è una giuria popolare che si abbevera a questo tipo di sentenze fuori dalle aule giudiziari­e

sono le cose rilevanti».

Sul fronte della giustizia però l’allarme resta alto. Secondo Pierantoni­o Zanettin, ex esponente del Consiglio superiore della magistratu­ra, il processo parallelo della tivù «può portare a esiti diversi da quelli che potevano risultare sulla base degli atti, soprattutt­o quando c’è una giuria popolare che si abbevera a questo tipo di sentenze».

Per Alberto Vermiglio, presidente dell’associazio­ne italiana giovani avvocati, la stampa «è la terza realtà oltre a quella fattuale e processual­e, e può indirizzar­e la pronuncia del giudice. L’attività degli avvocati non si esaurisce più in aula, perché siamo obbligati a tutelare l’assistito anche fuori: io ho sempre pensato di non partecipar­e ai talk show per motivi di decoro, ma è un tema su cui riflettere per garantire il contraddit­torio».

«I media sono veloci, noi dobbiamo esserlo di più chiosa Andrea Ostellari, presidente della commission­e Giustizia del Senato e relatore della legge sulla legittima difesa -. Del processo mediatico fanno paura il linguaggio e le modalità espositive».

 ??  ?? Al Liviano I relatori al convegno «Virtù e limiti del processo mediatico»
Al Liviano I relatori al convegno «Virtù e limiti del processo mediatico»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy