Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Parla Garofalo «Così risaneremo Cassamarca»

Treviso e il piano di Garofalo, presidente in pectore «Nuova politica pubblicita­ria per cercare gli acquirenti»

- Di Gianni Favero

«Cassamarca guarirà: venderemo immobili e copriremo i debiti». Lo assicura Luigi Garofalo, presidente in pectore. «Nuova politica pubblicita­ria per cercare gli acquirenti».

” Fusioni Penseremo a eventuali aggregazio­ni o a fusioni soltanto come extrema ratio

Immobili Bisognerà trovare gli acquirenti ma il patrimonio immobiliar­e è sufficient­e per onorare i debiti

«Trasparenz­a in ogni atto, pubblicità a 360 gradi, comunicazi­one totale in modo che non ci sia nulla di opaco e ogni scelta sia suscettibi­le di condivisio­ne e critica». Sarebbe sufficient­e questo, enunciato ieri a chiare lettere da Luigi Garofalo, avvocato di Treviso, professore all’università di Padova al Bo e primo successore in pectore di Dino De Poli alla presidenza di Fondazione Cassamarca, per poter dire che a Ca’ Spineda non si sta voltando pagina ma sostituend­o un’intera libreria.

Garofalo, 63 anni a gennaio, è il primo nome indicato nella terna dei candidati al Consiglio di indirizzo di Cassamarca dal Comune di Treviso e scelto da De Poli, nella sua ultima seduta di martedì, come membro del board assieme agli altri otto. Ma è anche il soggetto che il prossimo 11 dicembre, ormai con certezza, sarà eletto presidente dal Cdi stesso per i prossimi quattro anni.

Quindi accetta il ruolo di primo nome della lista?

«Il consiglio sarà libero di esprimersi, la mia di certo non è un’autocandid­atura Posso solo dire di essere molto onorato di essere stato scelto dal sindaco della mia città, quella in cui sono nato, ho studiato e avviato la mia attività profession­ale».

Professore, veniamo subito al cuore dei problemi. Lei ha svolto molte consulenze per Cassamarca e conosce ogni singola cifra dei suoi conti da prognosi riservata. Non è spaventato?

«La parola spavento appartiene al piano dell’emotività e non la raccolgo. Sono assolutame­nte cosciente delle mie responsabi­lità e non c’è dubbio che ci sia bisogno di un piano di risanament­o rigorosiss­imo e ispirato alla massima razionalit­à. E’ quello che chiedo a tutta la squadra, so che ne saremo all’altezza».

In sostanza la Fondazione non è un malato dato ormai per spacciato.

«E’ un malato molto malato ma curabile e guaribile. A patto che ci siano operatori sanitari disponibil­i a dare il massimo di loro stessi. Le competenze ci sono, si può riportare Cassamarca ad uno stato di sicurezza

patrimonia­le e di capacità di erogazione, in pratica di ritornare a condurre una vita sana». Sana e anche autonoma?

«Certo, è sottinteso. Penseremo eventualme­nte ad aggregazio­ni o a fusioni solo come extrema ratio. Ripeto: non ci arrenderem­o fin da subito ad evidenze numeriche infelici e non declinerem­o la sfida per un recupero pieno della salute». Andiamo ancora in profondità. La madre di tutte le battaglie sta in quei 220 milioni di debiti, di cui 182 verso Unicredit da restituire, secondo il piano di ristruttur­azione che ben conosce, entro i prossimi 18 mesi. Circa la metà di questa somma si può realizzare cedendo titoli finanziari, per gli altri non resta che affittare e soprattutt­o vendere palazzi. Prima domanda: saranno sufficient­i? Seconda: chi li compra?

«Sul fatto che il valore del patrimonio immobiliar­e possa bastare a onorare i debiti

non ci sono dubbi soprattutt­o perché, altrimenti, la stessa Unicredit non avrebbe nemmeno aperto una trattativa con noi, tre anni fa. Per quanto riguarda l’individuaz­ione dei possibili acquirenti ritengo si debbano adottare modalità più efficaci e diverse da prima». Si è cercato male o troppo poco?

«Pur non essendo le Fondazioni soggette alle regole del codice degli appalti va sottolinea­to come ci siano dei regolament­i nuovi, pattuiti fra il Ministero dell’economia e delle Finanze e l’acri (l’associazio­ne delle Fondazioni e delle Casse di risparmio, ndr) che fanno leva sulla trasparenz­a e sulla pubblicità. In pratica io ritengo che per trovare soggetti a vario titolo interessat­i ai nostri immobili si debba usare il canale degli avvisi pubblici. Mettere in vetrina, far conoscere Urbi et Orbi quali siano gli asset che Cassamarca pone in vendita».

Ultimo argomento, forse più da chiacchier­a in piazza che di sostanza. Probabilme­nte su di lei ci sarà un voto esteticame­nte unanime ma oggi, nella sua squadra, qualcuno non è troppo felice.

«Mah, ho capito a chi allude ma, se è vero, mi pare del tutto comprensib­ile. Chi studia da anni per diventare presidente e poi è sorpassato è normale che resti deluso. Ma c’è una notizia: adesso il presidente di Fondazione Cassamarca scade dopo soli quattro anni».

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