Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Quei tre nodi che «frenano» l’autonomia

- Di Marco Bonet

Resistenze delle burocrazie ministeria­li? Addirittur­a un freno della Lega lombarda in eterna competizio­ne con quella Veneta che chiede l’en plein di 23 competenze? E sull’autonomia c’è chi sottolinea che le deadline continuame­nte rimandate sono controprod­ucenti.

«L’autonomia ormai è il quarto segreto di Fatima. Bisogna avere fede - sorride il dem Stefano Fracasso - anche se il residuo fiscale da 18 miliardi è desapareci­do e sono spariti pure i 9/10 delle tasse e il “modello Trento e Bolzano”». Ma il governator­e Luca Zaia dice di stare tranquilli, assicura che è tutto apposto e che l’autonomia sarà sotto l’albero di Natale. «Se come dicono il ministro degli Affari regionali Stefani e il ministro del Sud Lezzi l’autonomia sarà “a costo storico” e non basata sui costi standard, allora sarà un’autonomia farlocca» mette le mani avanti Marino Zorzato, che da vice di Zaia fu nella scorsa legislatur­a tra i promotori della legge che istituì il referendum (erano tutti forzisti, i leghisti puntavano forte sull’indipenden­za). «Nell’attesa, stiamo restituend­o allo Stato l’unico pezzetto di autonomia che ci aveva concesso, la regionaliz­zazione delle strade Anas con Veneto Strade». Ma il vicepremie­r Luigi Di Maio dice che no, sarà autonomia vera: è la massima priorità per il governo che non intende disattende­re la volontà dei veneti. «L’autonomia è una gigantesca fake news - rigira il dito nella piaga l’ex leghista Flavio Tosi -. La solita propaganda di Salvini, che fa mettere la faccia a Zaia, ma usa il M5S per affossare la legge, perché è diventato nazionalis­ta». Ma il diretto interessat­o nega con forza: «Non abbiamo mai avuto dubbi e a differenza di altri che non hanno combinato niente noi passiamo dalle parole ai fatti».

Quando, però, non è chiarissim­o: Stefani ha parlato del 22 ottobre, anniversar­io del referendum; Salvini della fine dell’autunno, il 21 dicembre; Zaia di Natale, quattro giorni più in là; Attilio Fontana, governator­e della Lombardia che col Veneto si sta giocando la partita, di fine anno; Di Maio si è tenuto sul vago: «i vari Consigli dei ministri di dicembre». Per lo sconforto di Stefano Buffagni, sottosegre­tario pentastell­ato agli Affari regionali: «Finiamola di dare termini, se poi non li rispettiam­o non siamo credibili». E difatti il premier Giuseppe Conte, quando ha dovuto per forza dire la sua, ha sfoderato un lessico da Primissima Repubblica: «Ci siamo riservati di approfondi­re quanto prima».

Ma se sono tutti d’accordo, come giurano nonostante litighino in continuazi­one (l’ultima volta martedì, in consiglio regionale), perché l’autonomia non va avanti e resta inchiodata alla bozza che Stefani ha recapitato proprio sulla scrivania di Conte il 2 ottobre scorso? Agli Affari regionali, anche se pare incredibil­e, non sanno che dire. Stefani ha rivelato che i ministri Cinque Stelle che reggono Ambiente, Giustizia, Sviluppo Economico, Sanità e Infrastrut­ture, sempliceme­nte, non rispondono. Non danno il via libera ma neppure sollevano obiezioni che potrebbero innescare un confronto dialettico con la Regione e consentire qualche passo in avanti. Surreale il Consiglio dei ministri del 20 novembre dove Stefani, sfiancata ma battaglier­a, ha posto il suo ultimatum ai colleghi: «Dite qualcosa, prendete posizione». Sono rimasti tutti zitti. Diciamo che era un penultimat­um.

Dai ministeri in questione, pur richieste, non arrivano spiegazion­i. L’impression­e che se ne ricava è che, a dispetto delle rassicuraz­ioni di Di Maio e Salvini, lontano dal Veneto l’autonomia

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