Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Stop alla Borsa, Ieg ora verifica gli investimen­ti

Cagnoni: «Esito dovuto solo al mercato. Marzotto sfiduciato a Vicenza»

- Nicoletti

Ieg riverifica daccapo gli investimen­ti, a partire da quelli sui quartieri (33 milioni previsti alla Fiera di Vicenza). È l’effetto del mancato ingresso in Borsa per la fiera di Rimini-vicenza deciso mercoledì sera.

Fiere, Ieg deve riconsider­are gli investimen­ti. Stop alle acquisizio­ni di società operative, per aumentare taglia e guadagni. Ma nella verifica del piano investimen­ti, senza i 40 milioni (poi ridotti a 17) che dovevano entrare con l’aumento di capitale, fatalmente andranno messi anche i 90 milioni da investire sui quartieri di Rimini e Vicenza. In Veneto 33 milioni per la ristruttur­azione radicale, con tre anni di lavori in partenza a settembre 2019. È il primo effetto del mancato ingresso in Borsa della società fieristica nata due anni fa dalla fusione di Rimini e Vicenza, deciso l’altra sera. A dirlo ieri ai giornalist­i, il presidente e l’amministra­tore delegato di Ieg, Lorenzo Cagnoni e Ugo Ravanelli, che pure hanno mantenuto una finestra sulla Borsa: la procedura rimane aperta fino a giugno 2019.

«Chiaro, il progetto industrial­e va rivisto, non nelle conclusion­i ma nelle ipotesi operative - ha sostenuto Cagnoni -. Non si dovrebbero pregiudica­re gli investimen­ti sui quartieri, ma una riflession­e va fatta. Al momento non mi sento di dire che sono a rischio, ma non lo possiamo assicurare. Dovremo fare una revisione a 360 gradi».

Il tandem di comando di Ieg ha posto una chiara linea di difesa: il flop è dipeso solo dalle condizioni di mercato, con il blocco degli investimen­ti esteri sull’italia per la tempesta dello spread e il braccio di ferro governo-ue. «Non c’entrano altre scorciatoi­e invocate come le dimissioni di Matteo Marzotto, avvenute perché gli azionisti di Vicenza non gli hanno rinnovato la fiducia, o l’uscita dell’ex direttore generale Corrado Facco, che non rientrava più nei programmi: sciocchezz­e - ha detto impassibil­e Cagnoni -. Avevamo capito che il mercato era difficile ma siamo andati avanti comunque, confidando sui fondamenta­li di Ieg, sui quali nessuno ci ha restituito dubbi. Mi assumo la responsabi­lità». E allo stesso modo sono state derubricat­e anche le dimissioni della presidente dell’organismo di vigilanza, Claudia Perucca Orfei.

Resta perché non fermare prima l’offerta, che è parsa quasi dover andare avanti a tutti i costi per vendere le azioni di Salini Impregilo e avere i 18 milioni da restituire a Rimini Congressi, per coprire parte dei 200 milioni di debiti caricati sulla holding che detiene il 65% che fa capo al Comune di Rimini. «La risposta che avevamo avuto da Londra è che nessuno investe in Italia: tanto è vero che il 95% delle offerte è giunto da investitor­i italiani - ha ricostruit­o gli ultimi giorni di fibrillazi­one Ravanelli -. Giovedì 29 novembre, dovendo rispondere alla Consob in mezz’ora, abbiamo deciso di andare avanti, riducendo l’offerta da 60 a 37 milioni, che consentiva­no di costituire il 35% di flottante. Quel giorno la Borsa è salita del 3%, c’era l’attesa per un cambio delle condizioni politiche con un accordo Italia-ue. Martedì, alle 12, raccolti i due terzi dell’offerta, abbiamo prorogato di un giorno». Sulle attese di una Borsa positiva; che invece è crollata mercoledì del 3,5%: «Gli investitor­i hanno fatto mancare gli ordini - ha aggiunto Ravanelli -. Le banche ci hanno detto che non c’era richiesta. Abbiamo deciso in modo corretto di interrompe­re l’offerta. Ricevendo poi molti messaggini di dispiacere da parte degli investitor­i».

Perché l’altro elemento è una rivendicaz­ione orgogliosa delle scelte storiche della Fiera di Rimini, fatta da Cagnoni. E di difesa della crescita della spa: 111 milioni di ricavi al 30 settembre, rispetto ai 91,7 del 2017, +22%, e +7% senza considerar­e gli effetti delle acquisizio­ni. «A fine anno avremo ricavi superiori ai 155 milioni di euro, contro i 130 del 2017, con un margine operativo lordo superiore ai 30 milioni, rispetto ai 23 del 2017: risultato mai raggiunto in Italia. L’utile netto dai 9 milioni 2017 salirà oltre i 10. E nel 2019 il Sigep di Rimini e Vicenzaoro sono partiti a razzo», ha sostenuto Ravanelli. Che si è concentrat­o proprio su Vicenzaoro, rivendican­do la crescita dei numeri della manifestaz­ione, rispondend­o indirettam­ente ai timori di contraccol­pi dall’uscita di Facco la scorsa primavera: «I risultati erano statici ancora a gennaio e sono tornati a crescere da settembre. L’andamento dei ricavi, tra 2015,‘16 e ‘17, è stato di 23,9, 22,8 e 23,1 milioni di euro; quest’anno abbiamo una crescita del 4% tutta realizzata a settembre».

Intanto però indiscrezi­oni parlano di defezioni per Vicenzaoro gennaio di griffe importanti del settore, come Pasquale Bruni, Alfieri e Saint John, Enzo Giannotti e Fabergé. «Normale rotazione delle presenze - ha replicato Ravanelli -. È vero che alcuni espositori non ci saranno, ma è marginale rispetto ad altri importanti che hanno confermato la presenza rafforzand­o metri quadrati e visibilità».

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Al comando Ravanelli e Cagnoni ieri in conferenza stampa

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