Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
In Kenya con una onlus: gli sparano a bruciapelo «Ma io ci tornerò»
L’imprenditore veneto ferito a Nairobi: voglio aiutare la Onlus
Silvio Bertelli, imprenditore veronese di 63 anni e anima della onlus «Opera dell’amore Kenya» è tornato a casa. È stato colpito a bruciapelo da un colpo di pistola durante una rapina in Kenya dove va regolarmente con la onlus «Opera dell’amore Kenya». Dice: «Ci tornerò».
«Sì, ci tornerò. Magari non quest’anno, ma andrò ancora in Kenya». Sabato scorso, a Nairobi, la morte lo ha sfiorato. Un colpo di pistola e dodici millimetri che lo hanno separato da un’emorragia potenzialmente fatale. Ma Silvio Bertelli, l’imprenditore veronese di 63 anni anima della onlus «Opera dell’amore Kenya» crede nella potenza del volontariato: «Se inizio una cosa la voglio portare a conclusione». E nemmeno quel proiettile che gli si è conficcato nella coscia destra a poco più di un centimetro dall’arteria femorale nel corso di una violenta rapina, ha potuto scrivere la parola «fine» all’impegno che da 15 anni porta avanti insieme alla moglie Daniela. Rientrati a casa, a Pressana, mercoledì insieme agli altri cinque volontari veronesi, raccontano gli attimi di terrore vissuto in quell’«officina di strada» della capitale kenyota dove avevano chiesto di poter riparare la jeep. «Una violenza gratuita e inumana - commenta la signora -. Non si spara così nemmeno alle galline».
Il trauma, per Daniela, è stato soprattutto psicologico: «Anche a distanza di giorni, quando abbiamo dovuto raggiungere l’aeroporto dall’ospedale, temevo che potessero spuntare nuovamente e aggredirci». Ma il marito è netto: «Non vorrei che quanto ci è accaduto mettesse in secondo piano tutta l’attività fantastica portata avanti dalla onlus». Una missione fondata dal laico vicentino Tiziano Zanella a Sultan Hamud, nel Sud del Paese, che oggi ospita 450 persone, tra bambini e poveri. I coniugi Bertelli erano arrivati in Kenya il primo gennaio insieme agli amici Pierangelo Conterno, Luca e Sara Biondan e Roberto e Pina Lancerotto. «È sempre una festa - ricordano -. Questa volta ci avevano chiesto le spugne da bagno: ne avevamo cento nelle valigie». Sabato mattina, la comitiva era partita per la capitale (distante circa due ore) per visitare il seminario e incontrare il vescovo. «Ci siamo dati appuntamento a maggio per l’ordinazione di due ragazzi della nostra missione che diventeranno sacerdoti. Ma mi sa proprio che non ci sarò» sorride mentre si alza dal divano puntellandosi sulla stampella. «Avremmo dovuto tornare a Sultan Hamud per cena, perché da sempre ci hanno raccomandato di rientrare prima che faccia buio - prosegue Bertelli -. Ma proprio quando stavamo partendo dal vescovado, la jeep ha avuto un problema con l’alternatore e abbiamo deciso di farla riparare». Dopo aver lasciato il mezzo, i veronesi e i loro due accompagnatori hanno fatto un giro in centro. Ma quando sono tornati, verso le 18: la jeep non era ancora pronta. «E mi sono anche un po’ spazientito» confida l’imprenditore. poi, all’improvviso, l’irruzione. «Credevamo che si stessero picchiando tra meccanici - racconta -. Poi abbiamo sentito gli spari (in aria, ndr) e abbiamo visto che sfondavano la testa a Freddy (uno dei kenyoti responsabili della missione, ndr) con il calcio di pistola e che immobilizzavano Luca». La moglie prosegue: «Saranno stati in sei, tutti armati. Battevano con le armi sui portelloni della jeep e urlavano minacce di morte». «Poi uno ha aperto la mia portiera e ho sentito lo sparo» ricorda Bertelli. Il proiettile si è conficcato nella coscia e a quel punto i banditi si sono dileguati con i soldi rubati alla comitiva. «Balordi che vivono nelle baraccopoli della periferia. Non è odio, è violenza generata dalla disperazione - conclude Daniela -. Ma da qualche anno, l’atmosfera è cambiata. Si ha la sensazione di un posto meno sicuro». Lì dove Silvio è pronto a tornare.