Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Da Padova a Venezia, se a finire sotto inchiesta sono gli uomini dello Stato
«Io me li sarei portati a casa, i profughi. Non c’era una persona, un ente, un’istituzione - me lo lasci dire nella città del Santo perfino la Chiesa, uno straccio di aiuto… Io non ho avuto un aiuto da nessuno». È un passaggio del lungo interrogatorio che a tratti assunse toni drammatici - reso il 15 ottobre di quest’anno, in procura, dall’ex viceprefetto di Padova Pasquale Aversa.
È indagato per aver «spifferato» a Ecofficina (la coop che gestiva i centri di accoglienza della «Prandina» e di Bagnoli, nel Padovano) le date delle ispezioni svolte dall’usl all’interno delle strutture.
Come lui, in Italia, sono decine i prefetti, vice e funzionari finiti nel registro degli indagati per presunte irregolarità collegate agli appalti per la gestione dei migranti. Un business, per le cooperative. E una spina nel fianco per le prefetture che specie negli anni dell’emergenza sbarchi - dovevano a tutti i costi trovare dei luoghi di accoglienza e organizzare in pochi giorni trasferimenti, strutture, personale. A volte in poche ore o nel cuore della notte.
La procura di Padova, oltre ad Aversa, ha indagato - a vario titolo, per reati che vanno dalla frode nelle forniture pubbliche, alla truffa, fino alla rivelazione di segreto d’ufficio - la funzionaria Tiziana Quintario e un altro viceprefetto dell’epoca: Alessandro Sallusto. Con loro, naturalmente, nei guai sono finiti anche i vertici della cooperativa incaricata di gestire l’accoglienza.
Da tempo, anche i magistrati di Venezia stanno facendo luce sui rapporti che legavano la locale prefettura a Ecofficina, che gestiva il centro di accoglienza di Cona. Questa inchiesta coinvolge l’ex viceprefetto di Venezia – che oggi è prefetto a Bolzano – Vito Cusumano, e il viceprefetto Paola Spatuzza. Anche in questo caso i magistrati vogliono accertare se vi siano stati favoritismi nei confronti della cooperativa che ha sede a Battaglia Terme.
Gli indagati si sono sempre difesi sostenendo di aver agito correttamente e ricordando le condizioni in cui erano costrette a lavorare le prefetture nel 2015, quando continuavano ad arrivare in Veneto autobus carichi di richiedenti asilo, senza che ci fossero alloggi sufficienti ad accoglierli. Da qui la proliferazione - anche economica di cooperative che fino a pochi anni prima si occupavano di tutt’altro (di asili, nel caso di Ecofficina) e che erano in grado di assicurare pasti caldi e posti letto ai profughi, anche all’interno di ex strutture militari adattate a centri di accoglienza.