Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I Cinque Stelle veneti sfidano la Lega «Torni pure con l’amico Berlusconi»

Toni forti, ma in realtà pochi credono allo strappo: «Da Re si rassegni». Fdi accusa

- Stefano Bensa

Il governo gialloverd­e «non può cadere per una barca con qualche decina di migranti a bordo». Peraltro nell’anno in cui «gli sbarchi sono calati di quasi il 90 per cento». In sostanza, il ribaltone evocato dal segretario regionale della Lega, Gianantoni­o Da Re, «sarebbe una pazzia!». Abbandona i consueti toni pacati Federico D’incà, deputato bellunese del Movimento 5 Stelle, nel replicare all’invettiva di Da Re contro quel «contratto di governo» che avrebbe costretto il Carroccio ad inghiottir­e «troppi bocconi amari». Specie in una regione, il Veneto, dove la base fatica ad accettare provvedime­nti come il reddito di cittadinan­za, i tentenname­nti sulle grandi opere (Tav in primis, ma anche la Pedemontan­a continuame­nte sotto assalto) e, soprattutt­o, il temuto intralcio al pugno duro di Matteo Salvini sull’immigrazio­ne. Al punto da ritenere «auspicabil­e» la caduta del governo qualora i «grillini» insistesse­ro sulle loro posizioni.

Le parole del segretario non sono piaciute al M5S regionale e, soprattutt­o, nazionale. E D’incà non lo nasconde: «Si tratta del solito schema Lega in Veneto, cioè di “governo e di opposizion­e”, per far star buoni tutti. Un segnale di mancata tenuta interna. Se Da Re cerca l’abbraccio sicuro e stritolant­e di Berlusconi può accomodars­i: può anche riprenders­i Galan e amichetti vari», sbotta il parlamenta­re. Secondo cui non esistere alcuna frattura fra Lega e Movimento («a Roma i rapporti fra colleghi sono ottimi») né sarebbero state messe in discussion­e riforme-bandiera del Carroccio come l’autonomia: «Si farà perché è nel contratto di governo, basta cercare scuse».

Anche Mattia Fantinati, sottosegre­tario veronese

” Federico D’incà L’emergenza sbarchi è finita, se il segretario della Liga ama Galan e Berlusconi se li riprenda

Mattia Fantinati Nessun pregiudizi­o sulle grandi opere, noi siamo contro gli sprechi della casta dei prenditori

alla Pubblica Amministra­zione, respinge al mittente le accuse di Gianantoni­o Da Re. E nel citare uno dei sintomi del «mal di pancia» della Liga, le grandi opere, esclude a priori pregiudizi sugli investimen­ti: «Siamo a favore delle grandi opere, non dei grandi sprechi. Per questo abbiamo posto il tema dell’analisi costi-benefici prima. Basta progetti decisi senza trasparenz­a, nel chiuso di una segreteria di partito, da caste e prenditori di denaro», esclama Fantinati. Che si dice convinto delle capacità del premier Giuseppe Conte («quando c’è bisogno sa fare sintesi») e del funzioname­nto del contratto di governo: «Sfido a trovare un altro esecutivo che in dieci mesi ha fatto quello che abbiamo fatto noi. Per il resto, non mi interessan­o le polemiche della Liga Veneta». Va giù duro, dal canto suo, il consiglier­e regionale Jacopo Berti: «Da Re vuole stare con Berlusconi? Ci torni assieme» dice Berti, all’opposizion­e del governo regionale di Luca Zaia. «Prendiamo le infrastrut­ture: quando abbiamo chiesto un confronto ci hanno sbattuto la porta in faccia, vedi Pedemontan­a. O la Tav, che sarebbe un enorme spreco di soldi e territorio nel tracciato veneto. Una mangiatoia, per un progetto vecchio di trent’anni».

Ma nella pattuglia dei «furibondi» per le parole del leader della Liga si arruola anche Luca De Carlo, deputato di Fratelli d’italia nonché sindaco di Calalzo: «Da Re può fare una cosa: chiedere a Salvini di staccare la spina. Non cada dal pero, la Lega sapeva benissimo quale strada avrebbe imboccato firmando il contratto di governo», afferma. Secondo De Carlo la questione migranti «è solo uno specchiett­o per le allodole, con il blocco navale l’emergenza si risolve», il vero problema riguarda altre misure: «Il reddito di cittadinan­za è l’esatto contrario del federalism­o fiscale, l’espression­e più palese del centralism­o di Stato. Lo sapevano fin dall’inizio. Ma il loro scopo, ora, è tenere buoni gli elettori. Almeno fino alle Europee».

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