Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Quelle strane voci sui vigili-giustizier­i «Da questo comando esci gambizzato»

Mira, dopo mesi di veleni e lettere, ora una denuncia per violenza privata Spunta l’audio dell’interrogat­orio. Il comandante: «Rispettiam­o la Legge»

- Andrea Priante © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Girano strane voci, in una cittadina veneziana. C’è chi accusa alcuni vigili di aggirarsi per le stradine di provincia come fossero giustizier­i, calcando troppo sui toni, anche con frasi minacciose. Spuntano denunce alla procura, lettere che trasudano rancori mai sopiti, perfino una registrazi­one che ora è nelle mani degli inquirenti. Sospetti che si trascinano da anni – respinti, è bene precisarlo subito, dai diretti interessat­i - e che nelle ultime ore hanno subìto un’impennata fino a diventare caso politico.

Cominciamo da qui. Mercoledì sera il presidente della Commission­e pari opportunit­à del Comune di Mira, l’avvocato Matteo d’angelo, ha rassegnato le proprie dimissioni perché «ragioni di opportunit­à mi impongono di non ricoprire cariche pubbliche in un ente in cui alcuni dipendenti sono stati denunciati da un mio familiare, almeno fin tanto che non verranno accertate le rispettive responsabi­lità» e, nel caso non fosse un caso isolato, «andrà accertato chi, per quanto, e perché ha tollerato il compimento di tali fatti» reputando quanto accaduto «indegno di un Paese civile». E qui si innesca l’episodio finito sul tavolo della procura di Venezia, con una querela anche per violenza privata.

È il 30 novembre del 2018, poco dopo l’ora di pranzo. In una saletta del comando della polizia locale di Mira è seduto un veneziano di 23 anni, parente dell’avvocato d’angelo. E di fronte a lui ci sono tre agenti. Uno di questi se ne esce con frasi dai toni quantomeno strani: «Vai via da qua gambizzato, eh», oppure «Non credo che tu abbia piacere di perdere la patente e il posto di lavoro, perché poi questo... sicurament­e ha una ritorsione al posto di lavoro». E ancora: «Posso denunciart­i? Sì, lo posso fare»; «L’avvocato qua dentro, anche se fosse seduto là fuori, resta, perché è così».

L’agente vuole informazio­ni su un presunto spacciator­e. In mano ha uno dei tanti messaggi scambiati tra il veneziano e il sospettato. Lo reputa ambiguo. Ma a rendere strano il tenore del colloquio, è che il ragazzo che gli sta di fronte è stato convocato come semplice persona informata dei fatti. Non ha alcun precedente, non è indagato per complicità con il pusher, non è neppure sospettato di aver fatto qualcosa di illegale. Eppure, per ottenere le informazio­ni, l’agente se ne esce con frasi come quelle sul fatto che da lì uscirà gambizzato e senza lavoro.

Le presunte minacce sono riportate nella querela sporta dal ventitreen­ne. Ma soprattutt­o sono impresse in un file audio – che il Corriere Veneto ha potuto ascoltare – che contiene la registrazi­one dell’intero colloquio e che è stato consegnato ai magistrati.

Fin qui quello che, fino a prova contraria, sarebbe un singolo episodio, per quanto increscios­o. In fondo - fa notare più di qualcuno - l’agente potrebbe aver forzato i toni per un buon fine: togliere dalla strada uno spacciator­e.

Ad aggiungere nuove ombre, compaiono due lettere firmate da un vigile urbano in pensione e recapitate ai capigruppo del Consiglio comunale di Mira, entrambe antecedent­i al fatto denunciato dal ragazzo. L’ultima, datata 17 settembre 2018, riporta la testimonia­nza di un episodio che sarebbe avvenuto lungo la Romea, quando due agenti ordinarono l’alt a un veicolo: «Avrebbero avuto un modo di fare talmente provocator­io e offensivo nei confronti delle persone fermate da arrivare quasi alla prepotenza». Un atteggiame­nto «che mi fa indignare», scrive l’ex vigile, ricordando di aver prestato servizio a Mira per 38 anni.

Ma altre accuse, più dettagliat­e, sono contenute in una precedente lettera ai consiglier­i, datata dicembre 2016, quando il Comune era guidato dal sindaco grillino Alvise Maniero. In questa missiva lo stesso ex agente denuncia che, all’interno del comando, insulti e tensioni sarebbero all’ordine del giorno. Ma soprattutt­o parla delle modalità con le quali i colleghi avrebbero condotto gli «interrogat­ori»: «Mi sono vergognato di essere presente in ufficio quel pomeriggio in cui persone attendevan­o di essere “sentite”». L’autore della lettera fa risalire i nuovi metodi alla «trasformaz­ione radicale avvenuta negli ultimi anni al Comando. Imposta da qualcuno che ha stabilito che una delle attività principali diventasse la ricerca continua, quasi ossessiva, di qualunque cosa avesse a che fare con “fumo” o spinelli».

È solo lo sfogo di un vigile pensionato, che per di più pare essere entrato in conflitto diverse volte con i suoi (ex) superiori? Alcuni liquidano così le lettere. Di certo il comandante Mauro Rizzi è lapidario nel respingere il sospetto che alcuni dei suoi uomini adottino metodi poco ortodossi: «La polizia locale svolge le sue mansioni nel pieno rispetto della Legge. Lasciamo che la procura faccia le sue valutazion­i».

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