Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Quelle strane voci sui vigili-giustizieri «Da questo comando esci gambizzato»
Mira, dopo mesi di veleni e lettere, ora una denuncia per violenza privata Spunta l’audio dell’interrogatorio. Il comandante: «Rispettiamo la Legge»
Girano strane voci, in una cittadina veneziana. C’è chi accusa alcuni vigili di aggirarsi per le stradine di provincia come fossero giustizieri, calcando troppo sui toni, anche con frasi minacciose. Spuntano denunce alla procura, lettere che trasudano rancori mai sopiti, perfino una registrazione che ora è nelle mani degli inquirenti. Sospetti che si trascinano da anni – respinti, è bene precisarlo subito, dai diretti interessati - e che nelle ultime ore hanno subìto un’impennata fino a diventare caso politico.
Cominciamo da qui. Mercoledì sera il presidente della Commissione pari opportunità del Comune di Mira, l’avvocato Matteo d’angelo, ha rassegnato le proprie dimissioni perché «ragioni di opportunità mi impongono di non ricoprire cariche pubbliche in un ente in cui alcuni dipendenti sono stati denunciati da un mio familiare, almeno fin tanto che non verranno accertate le rispettive responsabilità» e, nel caso non fosse un caso isolato, «andrà accertato chi, per quanto, e perché ha tollerato il compimento di tali fatti» reputando quanto accaduto «indegno di un Paese civile». E qui si innesca l’episodio finito sul tavolo della procura di Venezia, con una querela anche per violenza privata.
È il 30 novembre del 2018, poco dopo l’ora di pranzo. In una saletta del comando della polizia locale di Mira è seduto un veneziano di 23 anni, parente dell’avvocato d’angelo. E di fronte a lui ci sono tre agenti. Uno di questi se ne esce con frasi dai toni quantomeno strani: «Vai via da qua gambizzato, eh», oppure «Non credo che tu abbia piacere di perdere la patente e il posto di lavoro, perché poi questo... sicuramente ha una ritorsione al posto di lavoro». E ancora: «Posso denunciarti? Sì, lo posso fare»; «L’avvocato qua dentro, anche se fosse seduto là fuori, resta, perché è così».
L’agente vuole informazioni su un presunto spacciatore. In mano ha uno dei tanti messaggi scambiati tra il veneziano e il sospettato. Lo reputa ambiguo. Ma a rendere strano il tenore del colloquio, è che il ragazzo che gli sta di fronte è stato convocato come semplice persona informata dei fatti. Non ha alcun precedente, non è indagato per complicità con il pusher, non è neppure sospettato di aver fatto qualcosa di illegale. Eppure, per ottenere le informazioni, l’agente se ne esce con frasi come quelle sul fatto che da lì uscirà gambizzato e senza lavoro.
Le presunte minacce sono riportate nella querela sporta dal ventitreenne. Ma soprattutto sono impresse in un file audio – che il Corriere Veneto ha potuto ascoltare – che contiene la registrazione dell’intero colloquio e che è stato consegnato ai magistrati.
Fin qui quello che, fino a prova contraria, sarebbe un singolo episodio, per quanto increscioso. In fondo - fa notare più di qualcuno - l’agente potrebbe aver forzato i toni per un buon fine: togliere dalla strada uno spacciatore.
Ad aggiungere nuove ombre, compaiono due lettere firmate da un vigile urbano in pensione e recapitate ai capigruppo del Consiglio comunale di Mira, entrambe antecedenti al fatto denunciato dal ragazzo. L’ultima, datata 17 settembre 2018, riporta la testimonianza di un episodio che sarebbe avvenuto lungo la Romea, quando due agenti ordinarono l’alt a un veicolo: «Avrebbero avuto un modo di fare talmente provocatorio e offensivo nei confronti delle persone fermate da arrivare quasi alla prepotenza». Un atteggiamento «che mi fa indignare», scrive l’ex vigile, ricordando di aver prestato servizio a Mira per 38 anni.
Ma altre accuse, più dettagliate, sono contenute in una precedente lettera ai consiglieri, datata dicembre 2016, quando il Comune era guidato dal sindaco grillino Alvise Maniero. In questa missiva lo stesso ex agente denuncia che, all’interno del comando, insulti e tensioni sarebbero all’ordine del giorno. Ma soprattutto parla delle modalità con le quali i colleghi avrebbero condotto gli «interrogatori»: «Mi sono vergognato di essere presente in ufficio quel pomeriggio in cui persone attendevano di essere “sentite”». L’autore della lettera fa risalire i nuovi metodi alla «trasformazione radicale avvenuta negli ultimi anni al Comando. Imposta da qualcuno che ha stabilito che una delle attività principali diventasse la ricerca continua, quasi ossessiva, di qualunque cosa avesse a che fare con “fumo” o spinelli».
È solo lo sfogo di un vigile pensionato, che per di più pare essere entrato in conflitto diverse volte con i suoi (ex) superiori? Alcuni liquidano così le lettere. Di certo il comandante Mauro Rizzi è lapidario nel respingere il sospetto che alcuni dei suoi uomini adottino metodi poco ortodossi: «La polizia locale svolge le sue mansioni nel pieno rispetto della Legge. Lasciamo che la procura faccia le sue valutazioni».