Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il Pd: «Siamo nelle secche ora basta propaganda»
Dice il segretario del Pd del Veneto, Alessandro Bisato, che «se siamo finiti nelle secche è colpa di Zaia e della sua propaganda sui 9/10 delle tasse, il residuo fiscale, il modello Trento e Bolzano. Tutte cose che si sapeva dall’inizio non avremmo mai potuto ottenere e che hanno inquinato il dibattito, polarizzandolo sulla questione dei soldi. Ora non ci si può stupire se il Sud è in rivolta e si arrocca a difesa delle sue risorse. L’unico modo per uscirne è che il governatore si presti ad una grande operazione verità, sgomberando finalmente il campo dalle menzogne». E Orietta Salemi lo sfida: «Faccia quel famoso tour al Sud che aveva annunciato, vada a spiegare che tipo di autonomia ha in mente».
Proprio l’errore di non restare nel merito del possibile ma di aizzare gli anime sventolando l’impossibile è, per i dem veneti, l’origine della contrarietà dei governatori Pd all’autonomia, un fatto certo imbarazzante per il partito di qui: «De Luca sbaglia - dice senza esitazioni Bisato - ma è fuorviato dalle parole della Lega: se voi foste a Napoli, che pensereste leggendo ogni giorno le agenzie di stampa che partono da qui?». Si tratta di trovare un equilibrio non facile, anche perché il confronto interno è fortemente influenzato dal congresso: Zingaretti, governatore del Lazio contrario all’autonomia, per vincere ha bisogno dei voti dei dem del Centro-sud (e dell’emilia Romagna, il che spiega come mai salvi la riforma lì ma non qui); l’uscente Maurizio Martina, invece, lombardo, si sta facendo interprete delle posizioni dei dem del Nord. Una spaccatura che non aiuta la discussione «nel merito» auspicata da Bisato, come sembra dimostrare anche il convegno a porte chiuse organizzato dai parlamentari senza l’ex sottosegretario Bressa. «Noi, lo ribadiamo a scanso di equivoci, siamo favorevoli alla riforma, a maggior ragione oggi che leggiamo una norma finanziaria perfettamente sovrapponibile a quella scritta a suo tempo dal governo Gentiloni con Bressa sottolinea Stefano Fracasso c’era già tutto allora: costi standard, compartecipazioni alle imposte, la commissione paritetica. Il tutto a saldi invariati per lo Stato». Il clima, in parlamento, non è comunque favorevole: «Così com’è, la riforma non passerà mai, non ci sono i voti - spiega Diego Zardini chi voterebbe un testo avvolto nel mistero, che non può essere modificato, senza aver partecipato ad un dibattito che ne renda chiare le ricadute pratiche? Il confronto va “parlamentarizzato” prima della firma». Ma si può? Secondo Roger De Menech sì, esiste un precedente: «Nel 2016, governo Renzi, fu approvato il nuovo statuto della Regione Friuli Venezia Giulia. L’intesa, già firmata da governo e Regione, fu portata in parlamento, modificata d’accordo con il governo e nuovamente sottoposta alla Serracchiani, che firmò».
” Zardini I voti in parlamento non ci sono, bisogna favorire il dibattito