Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Garlini racconta il poeta Cappello: amicizia e identità
Lo scrittore e curatore di Pordenonelegge e il nuovo lavoro dedicato al poeta friulano. Ricordi, sofferenza e nostalgia di anni tormentati e eroici
Quel particolare momento in cui la vita si affaccia a un bivio e la direzione da prendere può diventare la svolta che condiziona il futuro. Conosce bene quel momento, lo scrittore e poeta Alberto Garlini, che ha deciso di narrarlo nel nuovo libro Il canto
dell’ippopotamo (Mondadori, 180 pagine, 18 euro). Quella sterzata che porta a scegliere, ha coinciso per Garlini con l’incontro e l’amicizia con il poeta Pierluigi Cappello, friulano, scomparso nel 2017 e considerato una delle voci più potenti della poesia contemporanea in Italia.
Un’amicizia che ha segnato entrambi, tra letteratura, poesia, scambi di versi, feste, birre o calici di vino condivisi a notte fonda. Nel «poeta delle parole povere», Garlini ha trovato un’anima gemella e il loro sodalizio ha segnato in quegli anni la consapevolezza sia nell’uno che nell’altro che letteratura e poesia significavano il motivo per vivere e stare al mondo.
«Avevo conosciuto Pierluigi Cappello quando credevo di non avere paura di niente, nè di cose nè di persone nè di idee nè di avventure... Avrei scoperto poco più tardi che la mia protervia non era nient’altro che il sintomo di un
grave disagio personale, per così dire... Conoscevo le superfici delle cose e quello che immaginavo fosse dolore era l’ultima crudele felicità che avrei conosciuto», scrive Garlini.
E’ un percorso doloroso verso la consapevolezza, quello che attraverso il libro rievoca la loro amicizia e quei giorni feroci in cui si viveva sentendosi «senza pelle».
Il canto dell’ippopotamo ricostruisce la ricerca di un’identità letteraria, tra entusiasmi e cadute. Come in ogni amarcord, anche la sofferenza di quegli anni di ricerca e tormento, nel ricordo acquista potenza e resta ammantata di nostalgia. La gioventù smarrita in cui però tutto sembrava possibile (ma spesso irraggiungibile) e quell’inquietudine interiore che corrodeva e stremava, sono un passato eroico che la lente della distanza rende per sempre unico. Proprio l’appartenenza forgia e indirizza, resta nell’anima e tra le pagine del romanzo come momento perfetto.
La figura di Cappello, sviscerata anche attraverso tanti momenti intimi e inediti, restituisce a Garlini il senso di ciò che è stato, delle scelte fatte, dell’amore totalizzante per la letteratura.
Alberto Garlini, curatore di Pordenonelegge il festival letterario di Pordenone, insieme a Gian Mario Villalta e Valentina Gasparet, rende omaggio con questo libro a un poeta il cui ricordo è ancora vivo e brillante in tutto il mondo culturale. E non solo, perchè Cappello è amato in vari ambiti, tra i suoi estimatori più noti anche il cantante Jovanotti.
Pordenonelegge ha dedicato a Cappello l’edizione 2018, con molti ospiti che al poeta hanno reso omaggio, da Susanna Tamaro a Francesca Archibugi. Paralizzato dopo un incidente quando aveva 19 anni, Cappello per tutta la vita ha sopportato grandi sofferenze fisiche, definiva il suo corpo «un paesaggio coperto di tizzoni». Lui, che dopo le medie si era iscritto all’istituto Aeronautico perché amava il volo e che correva i cento metri in 11 secondi e 4. Nella sua poesia, uno dei temi principali è stato proprio il conflitto tra movimento e immobilità. Garlini nel libro parte dal giorno in cui il poeta morì. «Sembravo tranquillo, ma dentro di me i ricordi si accendevano e si spegnevano e le cose parlavano con la forza delle birre bevute insieme e delle acciughe nella pizza, del rollio delle ruote sulla ghiaia e delle felpe in pile da indossare quando fa freddo». E ricostruisce giorni e anni, tra sprazzi di luce e tormento, alla ricerca del loro posto nel mondo.