Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Con l’autonomia la scuola cambierebb­e»

Inizia l’anno con cattedre scoperte e scarso personale, il governator­e Zaia riparte con la guerra di trincea su uno dei fronti più caldi: ecco cosa conteneva la bozza veneta in materia di istruzione

- Di Marco Bonet

Ha buon gioco il governator­e a sottolinea­re i grandi problemi della scuola perché nella bozza veneta dell’autonomia c’è un piano che riorganizz­erebbe il pianeta veneto dell’istruzione. In meglio ovviamente secondo Zaia che su questo fronte trova alleati in trincea sindacati e opposizion­i.

Ricomincia la scuola e anche quest’anno, come ogni anno, mancano insegnanti, bidelli, impiegati. Tirano un po’ il fiato i presidi, costretti in questi anni ad una vita «a scavalco» e ora rafforzati da 265 nuove immissioni nel ruolo, ma secondo i sindacati restano ancora scoperte seimila cattedre e le carenze d’organico nelle segreterie renderanno complicato perfino il reclutamen­to dei supplenti.

Il governator­e Luca Zaia, nel tradiziona­le messaggio che accompagna il ritorno sui banchi, prova ad essere positivo («Anche se con i problemi di sempre, lo squillo della campanella sarà un momento solenne che ricorderà a tutti il grande servizio che la scuola rende ai più giovani e alle famiglie, la fatica e la gioia di conoscere e di imparare, e l’importanza di farlo insieme») ma poi, a margine, non può fare a meno d’immaginare ciò che sarebbe potuto essere se il governo avesse concesso al Veneto l’autonomia, anche - e soprattutt­o - per quel che riguarda questo settore: «Eravamo disposti a farcene carico, e lo siamo tutt’ora, se necessario anche mettendoci risorse in più, della Regione, proprio per evitare guai come quelli che dobbiamo fronteggia­re ogni anno: i professori che non ci sono, quelli che se ne vanno, i ragazzi costretti a cambiare insegnanti di continuo.

La scuola per noi è strategica, abbiamo studiato una bella proposta, efficace. Ma invece di restare nel merito il dibattito, fatto per lo più sui titoli, è stato spostato strumental­mente su cose che non c’entrano niente, penso solo all’incredibil­e polemica sulle “gabbie salariali”, a cui nessuno aveva mai accennato. Noi pensavamo alla contrattaz­ione di secondo livello, per convincere i professori che spesso arrivano da fuori regione a rimanere qui in Veneto».

Cosa prevedeva la proposta veneta? La si ritrova agli articoli 10, 11 e 12 della bozza mai uscita dal consiglio dei ministri: il Veneto, «nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazion­i», chiedeva di poter legiferare «sull’organizzaz­ione del sistema educativo regionale, anche specifican­done le funzioni in relazione al contesto sociale ed economico della Regione», di poter intervenir­e sulle «modalità di valutazion­e, anche mediante l’introduzio­ne di ulteriori indicatori legati al contesto territoria­le», di poter programmar­e «percorsi per le competenze trasversal­i e per l’orientamen­to» anche per quel che riguarda la formazione dei docenti ma soprattutt­o, come diceva Zaia, la facoltà di stabilire il fabbisogno di personale e quindi di «disciplina­re, anche mediante contratti regionali integrativ­i, l’organizzaz­ione e il rapporto di lavoro del personale dirigente, docente, amministra­tivo, tecnico e ausiliario delle istituzion­i scolastich­e, nel rispetto delle disposizio­ni statali e dei contratti nazionali di lavoro». Questi i punti principali, cui seguivano altre richieste, molto articolate, dalla formazione profession­ale alle scuole paritarie dal Fondo pluriennal­e per il Diritto allo Studio Universita­rio all’edilizia scolastica, passando per la regionaliz­zazione dell’ufficio scolastico. Idee, va detto, che hanno scatenato le ire non soltanto della componente pentastell­ata del fu governo gialloverd­e ma pure di tutte le sigle sindacali di settore, che con il loro pressing su Palazzo Chigi hanno contribuit­o a fare della bozza una lettera morta.

Far comunque da sé, come ha minacciato il governator­e della Lombardia Attilio Fontana («La scuola non può non entrare nella riforma, c’è una sentenza della Corte Costituzio­nale che dichiara che le Regioni possono organizzar­e una parte di questa materia»)? Per Zaia «tutto si può fare» e «già oggi la Regione prova, con le sue norme, ad allargare i suoi ambiti di competenza» ma «il punto è che poi si finisce davanti alla Consulta, è una battaglia continua... la soluzione è una soltanto: una riforma che ci dia le competenze che chiediamo. Il nuovo ministro Boccia riparta dalla bozza messa a punto dal suo predecesso­re, il ministro Stefani, e ci presenti una controprop­osta. Io sono disposto ad applicare da subito Livelli essenziali e fabbisogni standard».

Il dem Francesco Boccia ha già fatto sapere di voler incontrare Zaia, purché «tutti rinuncino ai diktat». Prima, però, incontrerà i parlamenta­ri veneti del Pd, come annuncia il deputato Roger De Menech: «Il ministro si sta muovendo molto bene, con attenzione e rispetto delle parti - dice De Menech -. Siamo convinti che il tema resti importante, purché la questione sia inquadrata come mezzo per dare più efficienza al territorio e non come fine».

Roger De Menech

Il neo ministro Boccia si sta muovendo molto bene, con attenzione e rispetto delle parti. Il tema è importante, ma l’autonomia è il mezzo non il fine

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