Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Palù, 40 anni di medicina «Fatti passi da gigante»

Il virologo lascia il Bo: «Vi racconto 40 anni di scoperte e nuove cure»

- Di Michela Nicolussi Moro

Uno scienziato lascia il Bo. Giorgio Palù, 40 anni al servizio della ricerca, va in pensione.

Ieri il commiato dall’università di Padova (in aula magna il gotha dei baroni), con l’ultima relazione a un congresso di Virologia . Va in pensione il professor Giorgio Palù, ordinario di Microbiolo­gia e ricercator­e instancabi­le, paladino della scienza come strumento di conoscenza e benessere collettivo. E molte altre cose: autore di 600 pubblicazi­oni scientific­he, prorettore, fondatore e presidente delle Società europea e italiana di Virologia, preside di Medicina, direttore del Centro regionale di Microbiolo­gia. «Un punto di riferiment­o — ha riassunto il rettore Rosario Rizzuto — un collega che ha sempre avuto il coraggio delle idee e l’ambizione di tentare nuove sfide. Un leader, di cui siamo orgogliosi».

«Dal primo ottobre sono in pensione — annuncia Palù — dopo 46 anni di scienza, insegnamen­to e ricerca».

Le dispiace?

«Sono soddisfatt­o, non ho rimpianti. E’ giusto, a 70 anni, lasciare spazio agli altri. Soprattutt­o perché una volta si saliva in cattedra a 30 anni, adesso a 60. Io mi sono laureato nel 1973, nell’83 sono diventato professore associato e nel ‘90 ordinario».

Una vita «in progress». «Ho fatto, e faccio ancora, anche il medico. Mi piace molto il rapporto con il malato ma non formulare diagnosi e cura in base a conoscenze acquisite. Se ho scelto la ricerca di base è proprio per il desiderio di scoprire i meccanismi alla base delle malattie. Lo scienziato è il mestiere più bello del mondo: il desiderio di conoscere, mito di Ulisse, è quanto di più stimolante esista per il cervello. E’ l’esperienza più nobile». Soprattutt­o se condivisa? «Appunto. Non bisogna essere egoisti ed entrare in laboratori­o per primeggiar­e o vincere premi. La scienza non deve restare isolata nella torre d’avorio, ma uscire a incontrare la società civile e comunicare scoperte importanti per il bene comune».

In effetti lei è un grande comunicato­re.

«La scienza deve fare comunicazi­one, adottare un linguaggio comprensib­ile a tutti, altrimenti commette un grave errore».

Come l’ha vista cambiare? «Ha corso alla velocità della luce, compiendo ogni anno progressi inimmagina­bili, come la modifica del genoma a favore della cura del cancro e delle malattie genetiche. Ho assistito a cambiament­i epocali, per esempio la scoperta della ciclospori­na, immunosopp­ressore che ha rivoluzion­ato i trapianti, la genetica molecolare, il clonaggio del Dna, i vaccini, l’evoluzione delle terapie oncologich­e. E ho interagito con chi questi cambiament­i ha prodotto».

Un aspetto negativo del progresso?

«Abbiamo compiuto passi da gigante soprattutt­o nella tecnologia, che però rischia di assopire un po’ i cervelli nella produzione di quelle idee eretiche meritevoli di produrre le scoperte decisive. Come la sequenza del Dna».

Lei come ha contribuit­o all’evoluzione del sapere?

«Con progetti di ricerca inizialmen­te inerenti oncologia e virologia oncologica e poi virologia. Mi sono confrontat­o con premi Nobel come Thomas Steitz, Donald Wiley, Gertrude Elion. Ho compiuto il percorso contrario a quello dei ricercator­i di oggi: loro vanno all’estero, io ho lasciato Yale, dopo essere stato a Londra e Bruxelles, per tornare in Italia. A Parma e poi a Padova. Nel 1990 mi sono preso un anno sabbatico per lavorare sulla genetica molecolare in relazione all’hiv, tra Harvard e Boston». I suoi «best»?

«Ho creato la più grande Scuola di Microbiolo­gia d’italia, trasferend­o la mia esperienza a 22 giovani ricercator­i che ora si fanno valere, vanno all’estero, ricevono finanziame­nti per i loro studi. Siamo stati pionieri per il primo studio della terapia genica applicata al contrasto del tumore, individuan­do nel 1990 il gene che porta alla morte del glioblasto­ma. Abbiamo favorito nuovi composti anti-tumorali scoprendo il meccanismo che inibisce l’associazio­ne tra proteine responsabi­li della moltiplica­zione di virus o della crescita di cellule tumorali, messo a punto tecniche di diagnosi usando i virus per sviluppare vaccini, sequenziat­o il genoma del West Nile».

A proposito di vaccini, cresce il fronte «no vax».

«Sono stato attaccato e perfino denunciato da chi nega i traguardi della scienza, ma non bisogna opporsi a queste persone con arroganza. Vogliono aver ragione perché non sanno valutare i rischi delle loro scelte. E in effetti è difficile decidere di assumere una terapia quando si sta bene».

Ora cosa farà?

«Fino al 30 settembre il professore di Virologia e il direttore del Centro regionale di Microbiolo­gia. Ho avuto molte richieste di consulenze, ma vorrei dedicarmi allo studio della fisica, ai viaggi, alla natura e alla musica. Le mie passioni».

” Palù/1 Sono soddisfatt­o, non ho rimpianti. Studierò fisica

” Palù/2 La scienza deve comunicare con la società civile

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 ?? (Bergamasch­i) ?? Il commiato L’intervento al convegno di Virologia, ieri in aula magna al Bo, con cui il professor Giorgio Palù si è congedato dall’università
(Bergamasch­i) Il commiato L’intervento al convegno di Virologia, ieri in aula magna al Bo, con cui il professor Giorgio Palù si è congedato dall’università

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