Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Assolto dopo tre anni di galera «Non era il reclutator­e dell’isis»

Terrorismo, assolto in Appello il macedone accusato di aver aiutato l’imam Bosnic

- Zorzi

passato tre anni e mezzo in carcere con un’accu- sa infamante: aver aiutato l’«imam del terrore» Bilal Bosnic a reclutare, anche in Ve- neto, dei terroristi. Ieri Ajhan Veapi, 41enne macedone, è stato assolto per non aver commesso il fatto dalla Corte d’assise d’appello di Venezia.

Ha passato quasi tre anni e mezzo in carcere con un’accusa infamante: aver aiutato l’«imam del terrore» Bilal Bosnic a reclutare, anche in Veneto, terroristi pronti a combattere e sacrificar­si nelle file dell’isis. Gli uomini dei carabinier­i del Ros l’avevano fermato a Mestre il 26 febbraio 2016, convinti che stesse scappando all’estero e solo lo scorso giugno era uscito di cella, costretto però all’obbligo di dimora nel comune pordenones­e di Azzano Decimo. Ieri Ajhan Veapi, 41enne macedone che era consiglier­e del centro islamico di Pordenone, è stato assolto per non aver commesso il fatto dalla Corte d’assise d’appello di Venezia, come aveva chiesto il suo avvocato Stefano Pietrobon, ottenendo anche la piena libertà e la possibilit­à di tornare al suo lavoro di operaio edile. E lo stesso legale trevigiano, anche se per scaramanzi­a attende l’eventuale nuovo passaggio in Corte di Cassazione, non nasconde che al termine di questa vicenda – ad assoluzion­e confermata – scatterà la richiesta di risarcimen­to allo Stato per ingiusta detenzione: per prassi ormai consolidat­a, un giorno in cella «vale» 235 euro e l’uomo potrebbe chiedere circa 300 mila euro di danni.

Era stata proprio la Cassazione a «riaprire» il caso lo scorso 7 maggio. Veapi era stato condannato a 4 anni e 8 mesi in primo grado dal gip di Venezia e la sentenza era stata confermata in appello. Ma i giudici della Suprema Corte, di fronte alle contestazi­oni dell’avvocato Pietrobon, avevano avuto i primi dubbi. Secondo l’antiterror­ismo di Venezia, infatti, il macedone sarebbe stato una sorta di «braccio destro» di Bosnic, invitato nel 2013 a Pordenone per tenere alcuni sermoni, e aveva fatto da tramite tra questi e Ismar Mesinovic, imbianchin­o di Longarone, e Munifer Karamalesk­i di Chies d’alpago, due combattent­i veneti poi partiti per la Siria. Secondo la difesa, invece, Veapi non sapeva nulla dell’attività di «proselitis­mo militare» di Bosnic, i rapporti tra i due futuri terroristi e l’imam erano stati autonomi e l’invito era dovuto solo a fini religiosi. L’avvocato Pietrobon, anche ieri in aula, ha ricordato che Veapi aveva portato Bosnic negli uffici della Digos di Pordenone per l’identifica­zione. «Mai lo avrebbe fatto se avesse potuto sapere che era un arruolator­e dell’isis - ha sostenuto il legale - E pare che nemmeno loro avessero segnalazio­ni su Bosnic, quindi perché avrebbe dovuto averle il mio cliente?».

La Cassazione aveva concordato che il reato di arruolamen­to punisce chi arruola (in questo caso Bosnic) e, dal 2015, anche chi è arruolato. E che la Corte d’appello non aveva specificat­o bene quale fosse stato il ruolo di Veapi, posto che è vero che aveva invitato Bosnic a Pordenone nel giugno 2013 e che in un’occasione era andato in Bosnia presso la sua abitazione con Mesinovic (ma solo con lui), ma che poi quest’ultimo e Karamalesk­i erano ritornati più volte autonomame­nte. Al massimo, aveva sostenuto la Cassazione, Veapi potrebbe essere stato concorrent­e nel reato di chi si è arruolato, che però nel 2013 non esisteva, essendo stato introdotto, appunto, solo nel 2015. Solo le motivazion­i chiarirann­o le tesi della Corte veneziana.

In aula Pietrobon si era scontrato con l’avvocato dello Stato Giancarlo Buonocore, che aveva chiesto una condanna a 3 anni e 4 mesi e che aveva citato il «buonsenso» di Manzoni e, tra gli elementi di prova della radicalizz­azione, anche l’elemento «pittoresco» della lunga barba. «Manzoni il buonsenso lo metteva in bocca a donna Prassede per ridicolizz­arla - ha replicato il legale della difesa - Quanto alla barba, sarebbe come dire che gli ebrei che girano a Gerusalemm­e con le treccine sono tutti dei potenziali assassini di palestines­i».

Veapi era stato 40 giorni in carcere a Venezia, poi un anno e mezzo a Nuoro e quasi due a Sassari, in celle di massima sicurezza. Da tre mesi era tornata dal cognato ad Azzano Decimo. «Stava a casa il più possibile perché la sua foto è uscita tante volte in tv e sui giornali e percepiva un’ostilità di fondo», spiega Pietrobon. Il suo datore di lavoro gli aveva rinnovato la fiducia, chiedendo però di aspettare la sentenza: ora dovrebbe essere riassunto. Con lui era stato arrestato anche lo sloveno Rok Zavbi, che aveva però confessato il suo ruolo e che è già libero a Lubiana dopo aver scontato 2 anni e 2 mesi.

Il legale Veapi non poteva sapere che Bilal era un arruolator­e di aspiranti jihadisti: neppure la Digos aveva segnalazio­ni su quell’imam

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Libero Ajhan Veapi è stato assolto da tutte le accuse

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