Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Morti in acciaieria, sei verso il giudizio
Padova, operai travolti dalla colata: indagine chiusa. Il pm: reati per tagliare i costi
E’ chiusa l’indagine sull’incidente alle Acciaierie Venete del 13 maggio 2018, in cui quattro operai furono travolti, per la rottura del perno di una siviera, da una colata di acciaio. Due sono morti nei mesi successivi: Sergiu Todita, moldavo, e Marian Bratu, romeno. Il pm chiede il processo per sei manager e indica la responsabilità di tre aziende. Nel dispositivo si mette nero su bianco che i reati ipotizzati sarebbero stati compiuti per tagliare tempi e costi.
Un’ondata di calore e scintille di acciaio fuso piombate al suolo, quattro operai feriti, due ustionati gravissimi. Era questo il bollettino medico scattato alle 9 del mattino del 13 maggio del 2018 dai medici intervenuti per uno dei più gravi incidenti sul lavoro avvenuti a Padova negli ultimi anni. Due operai sono morti a seguito di quella tragedia avvenuta alle Acciaierie Venete di Corso Francia. Uno, Sergiu Todita, 40enne moldavo, è deceduto il 5 giugno del 2018, l’altro, Marian Bratu, 43enne romeno, è morto il 26 dicembre scorso. Gli altri due feriti porteranno per sempre i segni di quel disastro. A provocare l’onda infuocata una siviera caduta a terra a causa di un perno rotto.
A distanza di un anno e mezzo, la giustizia ha fatto un passo avanti: il procuratore aggiunto, Valeria Sanzari, ha chiuso l’inchiesta e ha indagato sei persone e tre aziende, considerate responsabili amministrative del reato. Gli indagati sono i padovani Alessandro Banzato e Giorgio Zuccaro, presidente e direttore dello stabilimento di Acciaierie Venete, e i friulani Dario Fabbro, presidente della Danieli centro Cranes spa, Giampietro Benedetti e Giacomo Mareschi Danieli quali rispettivamente presidente e amministratore delegato di Danieli & C. officine meccaniche. Tutti sono indagati per omicidio colposo e lesioni; indagato solo per lesioni anche il milanese Vito Nicola Plasmati, titolare della ditta Hayama Teac Service, di cui sono dipendenti i due sopravvissuti all’incidente.
Tre le ditte considerate amministrativamente responsabili dell’accaduto: la Acciaierie Venete spa, la Danieli & C. officine meccaniche spa e la Danieli Centro Cranes. A queste ultime viene contestata la violazione delle norme per la tutela della salute e della sicurezza in ambiente di lavoro, provocando la morte dei due operai e le lesioni degli altri due, «reati commessi nel loro interesse e vantaggio vista la necessità di contenere costi produttivi, lo scopo di accelerare i tempi e i ritmi di lavoro con il fine di aumentare la produttività (...)».
Un caso questo, che somiglia molto a quello della Thyssenkrupp, lo stabilimento torinese nel cui rogo morirono sette operai la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007. Per le morti alle Acciaierie subito sotto accusa era finito il perno cui era agganciata la siviera precipitata al suolo, perno realizzato e testato dalla Danieli & C. e dalla Danieli Centro Cranes. Una filettatura inadeguata allo sforzo e ai movimenti del perno hanno provocato un rapido deterioramento di quest’ultimo che, sottoposto a sforzi gravosi e ripetuti, si è spezzato a metà sganciando la siviera con il suo carico incendiario che ha travolto gli operai che erano al lavoro. Oltre a ciò la Danieli è responsabile anche di non aver scritto nel libretto di manutenzione la necessità di controllare il perno e di fare verifiche tali che avrebbero scongiurato la sua rottura. Dal canto loro, i manager di Acciaierie avrebbero omesso di adottare la normativa vigente sulla distanza di sicurezza dalle siviere e non avrebbero riferito al titolare della Hayama Teac di prendere le dovute precauzioni. Anche quest’ultima ditta, di cui è titolare Plasmati, avendo preso in appalto le lavorazioni all’interno delle Acciaierie, non avrebbe adottato sistemi di sicurezza tali da garantire ai suoi dipendenti la sicurezza sul posto di lavoro, che sarebbe stata preservata mantenendo le distanze di sicurezza dalla cisterna e dalla catena lavorativa.
Si costituiranno parti civili le famiglie delle vittime, rappresentate dagli avvocati Anna Maria Alborghetti (Todita) e Ernesto De Toni (Bratu), e con loro anche i sopravvissuti Simone Vivian e David Di Natale, che hanno avuto rispettivamente 40 giorni e 300 giorni di prognosi prima di guarire.
”Le parole dell’accusa ... reati commessi nel loro interesse e vantaggio vista la necessità di contenere costi... accelerare ritmi e tempi di lavoro per aumentare la produttività...