Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Educazione civica e regole disattese
Se fosse solo così, tutti noi dovremmo salutare questa nuova legge come una piccola, ma non superflua, svolta rispetto all’incuria in cui versano le nostre istituzioni. Purtroppo non è così. Molte scuole (non solo le migliori) da anni affrontano con diligenza e accuratezza gli obiettivi e le competenze che la legge spiega all’articolo 3; i piani di studio di istituto e l’attività quotidiana esprimono attenzioni e passioni sincere, con iniziative capaci di riflettere e voglia di conoscere non solo la nostra Costituzione e la sua applicazione, ma anche con l’impegno civile di non girare la testa di fronte a fenomeni criminali come le mafie o la distruzione dell’ambiente, e con la manifestazione di emozioni e sentimenti che riconoscono il valore del sacrificio per il bene comune di molte persone perbene (si pensi anche ad anniversari recenti, come l’uccisione di Falcone e Borsellino e dei loro collaboratori). Le scuole più attente, gli insegnanti più capaci, i bambini e i ragazzi sono già sulla strada giusta, i curricoli scolastici si occupano di questi temi non solo come adempimento. Perfino una questione molto attuale come l’educazione alla cittadinanza digitale era già all’ordine del giorno delle scuole ben prima che se ne occupasse la legge, perché modelli di vita e di comunicazione diffusi ormai ampiamente nella nostra società si sono fatti, nel bene e nel male, necessità educativa e, talora, emergenza.
La legge quindi arriva dopo, è opportuna solo se riconosce e sostiene lo sforzo delle scuole. È invece pura accademia se fosse l’esito di un temporaneo e strumentale interesse del governo e dei partiti. Diventa un ostacolo se si lascia avviluppare burocraticamente da regolamenti e disposizioni successive, con la certezza di appesantire l’operato della scuole. Detto questo, la legge è emblematica, probabilmente oltre le intenzioni dei legislatori che l’hanno votata, anche se non si può celare il sospetto di una certa consapevolezza (nel caso, si sarebbe di fronte ad un esempio di luminosa ipocrisia). È emblematica perché è stata pensata per le scuole, per un loro buon funzionamento e per i ragazzi, per una tutela dei minori. Per costruire conoscenze precoci e favorire responsabilità, partecipazione, rispetto. Per questi motivi la legge non avrebbe dovuto avere come destinazione le scuole, che già sono sul pezzo, bensì le due camere del parlamento e gli scranni del governo. Lì abitano molti esponenti che, giorno dopo giorno, si fanno beffe di quegli insegnamenti solennemente riportati nella legge e che si esercitano in una gara di bullismo digitale, talvolta esibendo un’ignoranza compiaciuta, talvolta con offese che in nessuna scuola passerebbero senza sanzioni, spesso con un linguaggio e con immagini approssimative e avvilenti.
Non è un consiglio, né un suggerimento, è — lo riconosco — un auspicio infantile e velleitario: perché, cari onorevoli, non tenete con voi, a portata di mano, la legge che avete approvato e prima di parlare, di scrivere, di sfogarvi sui social non ne fate oggetto di una meditata e conseguente lettura? Vista la contingenza, cari onorevoli, il tempo non dovrebbe mancare. Potreste diventare d’esempio: pare che non sia dannoso per la salute.