Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Occupazione da record ma il trend è in discesa
Veneto Lavoro: altri 25 mila posti in più, ma trend destinato allo stop in sei mesi
Il Veneto tocca un tasso di occupazione vicino al 68%, otto punti sopra la media nazionale, grazie a un saldo positivo di posizioni lavorative di 25.900 unità fra la fine del secondo trimestre di quest’anno e la stessa data del 2018. La disoccupazione è scesa al 5,6% e i numeri sono fra i migliori che si siano mai visti: «Ma il trend di crescita dell’occupazione è sempre più debole».
Il Veneto tocca un tasso VENEZIA d’occupazione del 68%, l’8% in più della media nazionale, grazie a un saldo di 25.900 posizioni lavorative in più fra la fine del secondo trimestre di quest’anno e del 2018. La disoccupazione è scesa al 5,6%. Insomma, i numeri sono fra i migliori ma visti. Però, fa notare l’ultimo report di Veneto Lavoro, il saldo fra assunzioni e cessazioni denota «una crescita tendenziale inferiore a quella registrata alla fine dei più recenti trimestri». In quello immediatamente precedente si toccavano le 33.700 unità, negli ultimi tre del 2018 si superavano le 40 mila.
«L’occupazione cresce sempre meno – fa notare in termini espliciti Bruno Anastasia, esperto storico dei numeri dell’agenzia regionale – Se continua così, fra cinque-sei mesi il trend si ferma». E se l’occupazione è in presa diretta con la produzione, pur se su un’onda in ritardo rispetto al Pil, il pronostico è facile. L’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, vede il bicchiere mezzo pieno. «Vero che la frenata c’è – ammette – ma per certi versi è fisiologica. La crescita dei contratti indeterminati che vediamo contribuisce in parte a riequilibrare il mercato del lavoro in chiave di qualità dell’occupazione, dopo alcuni anni di eccezionale crescita dei contratti a termine».
I rapporti stabili, fra fine giugno 2018 e 2019, in Veneto sono cresciuti di 46 mila unità, soprattutto per le trasformazioni dei contratti a termine sollecitate dal decreto Dignità e dagli incentivi per gli under 35. Risultato: nel secondo trimestre 2019 la differenza fra assunti indeterminati e licenziati è stata di 9.700 unità, contro i 1.300 di un anno prima. Altre 4.200 posizioni si sono generate nell’apprendistato, nonostante la tendenza dei nuovi contratti sia scesa del 5% e le cessazioni crescano del doppio.
Un segnale forte giunge dalla platea di assunzioni a tempo determinato, bacino in cui normalmente si attingono i lavoratori da stabilizzare. Vero che fra aprile e giugno se ne sono assunti 143.600, dice Veneto Lavoro, ma l’effetto congiunto di 110.300 cessazioni e di 17.700 trasformazioni conduce ad un saldo “nettamente peggiore di quello del corrispondente trimestre 2018 (15.600 contro 25.300) e, su base annua, la dinamica delle posizioni di lavoro a termine è divenuta negativa (-22.900). E rinascono pure, ai fini del conto delle posizioni di lavoro create in Veneto, le categorie più marginali e frammentate. Il «job on call» si è stabilizzato sulle 21 mila assunzioni, per tre quarti nel settore turistico, e gli impieghi intermittenti, in contrazione dal 2012 al 2017, sembrano ora osservate con nuovo interesse. Così aumentano le forme parasubordinate (collaborazioni coordinate e continuative), pur a fronte di un incremento anche delle cessazioni.
«Eviterei toni trionfalistici – è la posizione di Cristian Ferrari, segretario generale della Cgil veneta – e andrei a vedere il monte ore lavorato più che i numeri dei lavoratori. La cifra è di molto inferiore ai dati precrisi. Se poi consideriamo il legame del nostro Pil con l’economia tedesca ed i suoi affanni non mi sorprenderei di trovare il prossimo anno negativi gli indicatori che oggi hanno il segno più».