Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Padrin: «Belluno dimenticat­a ma non molliamo»

- Di Martina Zambon

La Cenerentol­a dell’autonomia è bellunese. La montagna veneta nel 2017 votò sì al 99% per un’«autonomia nell’autonomia», ma è al nulla di fatto. Il presidente della Provincia Padrin però annuncia: «Primi contatti con Variati, non molliamo».

Autonomia negletta, bistrattat­a, sulla via dell’archiviazi­one. Ma c’è anche la Cenerentol­a dell’autonomia veneta, quella bellunese. Nel 2017 un referendum provincial­e, passato sfiorando il 99% di sì, chiedeva di «rafforzare la specificit­à bellunese con il riconoscim­ento di funzioni aggiuntive e delle connesse risorse finanziari­e e che ciò venga recepito anche nell’ambito delle intese Stato/regione per una maggiore autonomia del Veneto». Speranze spazzate via dal vento romano, più forte di quello della tempesta Vaia. «Eppure proprio Vaia - osserva il presidente della Provincia montana Roberto Padrin - è l’esempio paradigmat­ico del perché territori come questo hanno bisogno di rafforzare radicalmen­te la propria Provincia. La difesa del suolo è prerogativ­a provincial­e, le frane che minacciano i centri abitati non aspettano, la responsabi­lità è mia come presidente della Provincia e il personale di quest’ente è decimato. Tanto per capirci, dopo la riforma Delrio che ha ridotto del 30% l’organico delle Province montane cui è seguito il fuggi fuggi verso altri enti da parte di chi soffriva l’orizzonte precario che si era creato, ora mi ritrovo con tre dei miei sei dirigenti che vanno in pensione. Certo, servono risorse ad hoc perché qui i servizi inevitabil­mente costano di più, ma in un certo senso la vera emergenza sono le risorse umane». Il testo unico sugli Enti locali ha ridotto le Province a enti intermedi in versione bonsai. Per le tre province interament­e montane, Belluno, Sondrio e Verbanocus­io-ossola, però, è stato un bagno di sangue. Tanto che fin da subito si promisero correttivi. Che stentano ad arriva-re. L’autonomia vagheggiat­a da Belluno puntava a correggere il vuoto creato dalla riforma ma anche ad affilare le armi nei confronti delle vicine Trento e Bolzano. Negli ultimi due anni, però, non si è mossa foglia. Anzi, l’unico, drammatico, evento degno di nota è stata la tempesta Vaia che ha dimostrato dolorosame­nte quanto la montagna veneta necessiti di cure e di un presidio più forte sul campo. Presidio amministra­tivo dotato, ribadisce Padrin, di risorse adeguate. «La settimana scorsa ho incontrato il sindaco di Sondrio per cercare di capire come muoverci. Con Achille Variati che dovrebbe avere una delega per gli Enti locali e che è uomo di grande esperienza e valore ci sono già stati contatti informali. Si ricomincia ogni volta da capo ma non molliamo. Non possiamo permetterc­elo».

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Il voto Roberto Padrin al referendum

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