Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Tiveron, la famiglia sarà risarcita In procura le carte sull’autopsia

Aperto fascicolo per la perizia di Montisci smentita dagli esperti

- Roberta Polese

I morti non guidano lo scooter. Sembra una battuta, ma può essere anche la serissima sintesi della camera di consiglio durata cinque ore ieri in tribunale, nella quale si è discusso del caso di Cesare Tiveron, 72enne ucciso dall’auto blu della Regione in cui viaggiava il direttore generale della Sanità veneta Domenico Mantoan. L’incidente avvenne davanti allo Iov il 13 settembre del 2016, l’autista di Mantoan, Angelo Faccini, fece un’inversione a U e travolse Tiveron in scooter. Il dottor Montisci, che intervenne a eseguire l’autopsia anche se non era il suo turno, scrisse che Tiveron era stato colto da infarto qualche frazione di secondo prima di schiantars­i sull’auto, quindi Faccini non sarebbe colpevole di omicidio stradale. Dopo l’opposizion­e della famiglia Tiveron, supportata dall’avvocato Pietro Sartori nel penale e dagli avvocati Vieri e Francesca Tolomei nell’azione civile, il pm ha portato il caso davanti al gip Elena Lazzarin, che ha nominato cinque luminari per analizzare la perizia. E in cinque hanno demolito senza appello la tesi di Montisci, tanto che ora gli atti sono in procura e sulla perizia di Montisci è stato aperto un nuovo fascicolo. Ad analizzare la relazione del medico legale padovano sono stati Carlo Vosa, cardiochir­urgo, Antonio Perna, anatomoist­opatologo, Pietro Tarsitano, medico legale, Vincenzo Santomauro, cardiologo, Pascale Basilicata, tossicolog­a forense. Quest’ultima ha affermato che i macchinari usati da Montisci per le analisi non sono più a disposizio­ne degli ospedali da prima degli anni 2000, Tarsitano ha riferito che non basta dire - come ha scritto Montisci - che il corpo non mostrava lesioni, bisognava guardare ai vestiti di Tiveron, procedura di prassi e in quela sto caso non eseguita. Altro elemento sono le fratture costali della vittima, che Montisci ha attribuito al massaggio cardiaco, ma visto che si sono rotte le costole di destra e che invece il cuore sta a sinistra, anche questo passaggio è stato contestato. C’è poi il giallo delle fotografie che il consulente del pm disse di aver scattato al deceduto, ma che non appaiono nella relazione del medico padovano, come pure appaiono strani quei 44 vetrini (ovvero analisi) fatturati alprocura, quando invece i campioni analizzati veramente sono 25.

Presente ieri l’avvocato Alessandro Zanonato per Unipol, che sulle risultanze dei cinque esperti ha avviato le pratiche per il risarcimen­to alla famiglia Tiveron. L’avvocato Alessandro Martinelli, che difende Faccini, ha avanzato l’ipotesi di un rito alternativ­o, forse un patteggiam­ento. Ora però l’inchiesta penale sulla perizia stabilirà che cosa ha spinto Montisci a scagionare l’autista. L’ipotesi, da verificare, è che volesse togliere dai guai il suo capo, Domenico Mantoan. E su Mantoan si scaglia la politica: i Cinque Stelle in Consiglio regionale ne chiedono le dimissioni, Leu ha presentato un’interrogaz­ione a Zaia (non è la prima) e Cristina Guarda (Cpv) chiede che il governator­e chiarisca.

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La vittima Cesare Tiveron, morto nel settembre 2016 davanti lo Iov perché investito da un’auto blu della Regione a bordo della quale si trovava Domenico Mantoan, capo della Sanità veneta

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