Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Con noi grandi risultati, poi si è solo perso tempo Errori pure da Zaia»
«È stato perso un anno è mezzo. Peccato. Ora si deve ricominciare da dove eravamo rimasti col governo Gentiloni».
Gianclaudio Bressa, senatore di origine bellunese eletto col Pd a Bolzano, vicino alla Südtiroler Volkspartei, è l’uomo che nel 2000 ha scritto, nell’ambito la riforma del Titolo V, l’articolo 116 e che nel 2018, da sottosegretario agli Affari regionali, firmò con il governatore Luca Zaia la pre-intesa quadro che resta, a tutt’oggi, l’unico atto formale sottoscritto dalla nostra Regione in tema di autonomia.
Bressa, oggi è il secondo anniversario del referendum. Il Veneto ci arriva senza aver ottenuto nulla.
«Fin tanto che ho avuto delle responsabilità le ho esercitate e ho avviato la procedura per attuare il terzo comma dell’articolo 116. Poi si è affermata un’altra maggioranza, è cambiato il governo e si è fermato tutto: questo è un fatto».
Il ministro Stefani, in realtà, si è data molto da fare.
«Ma seguendo una strada totalmente sbagliata, che difatti ci ha condotti ad un vicolo cieco».
In che senso?
«Il risultato che avevamo raggiunto a febbraio 2018 era molto importante, stabiliva un percorso all’insegna dell’equilibrio e della responsabilità condiviso da Zaia che difatti firmò. Bastava proseguire lungo quella via e invece proprio Zaia ha preferito deviare, con i risultati sotto gli occhi di tutti».
A che si riferisce?
«Avendo un governo “amico” e un ministro leghista e veneto agli Affari regionali si era convinto di poter rilanciare, chiedendo tutte le 23 materie previste dalla Costituzione. Ma chiedere tutto significa non volere nulla: l’articolo 116 è un terreno incognito che va esplorato con giudizio. Per questo nella pre-intesa ci eravamo fermati a 5 materie».
Ci si è messa pure la «guerra» tra
Nord e Sud.
«Una colossale sciocchezza alimentata dalla stessa propaganda leghista e dall’insistenza di Zaia nel pretendere tutto subito. L’articolo 116, per come è impostato, non mette in gioco alcuna risorsa, tutto avviene “a saldo zero” e dunque non penalizza nessuno. Non sono stupido, sapevo bene che su questo argomento si sarebbe scatenato il caos, per questo l’autonomia a cui pensavamo era solo amministrativa, si trattava di consentire alla Regione di fare meglio di come fa lo Stato le competenze che lo Stato è disposto a darle».
E i soldi?
«Erano rinviati ad una fase successiva, ad una commissione cui era affidato il compito di valutare questo aspetto senza sperequazioni. Quando si parla di organismi federali, d’altronde, si parla sempre di un patto basato sull’uguaglianza, per cui chi ha di più mette delle risorse a disposizione di chi ha di meno, mai il contrario. L’iter prevedeva di stabilire prima la spesa storica, poi i costi standard. Era la “Fase 2” che si sono ben guardati dal realizzare».
Ora il ministro Boccia lancia l’idea di una «legge quadro». La condivide?
«Mi pare un’idea seria e costruttiva anche se si discosta dalla nostra».
E i Livelli essenziali delle prestazioni, i Lep, si faranno davvero?
«Se si vuole passare sul serio alla fase finanziaria è ovvio che si stabiliscano delle soglie minime al di sotto delle quali non si può scendere. I Lep non sono impossibili, basta volerli fare. A questo serviva la nostra commissione bilaterale tra Governo e regioni». L’autonomia si farà mai?
«Il percorso di Boccia può sfociare in un esito positivo. Quello della Lega ormai si era arenato sullo scoglio ideologico del “paroni a casa nostra”».