Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

METROPOLI VENETA DEI SAPERI

- di Luca Romano

Se parlare di metropoli non porta fortuna al Veneto e al Nordest in un contesto nel quale le metropoli sono indiscutib­ilmente il motore dello sviluppo e dell’innovazion­e, è evidente che c’è un problema. La metropoli nell’accezione odierna, intimament­e connessa alla globalizza­zione, è, allo stesso tempo, una piattaform­a di produzione e servizi con connession­i orizzontal­i molto efficienti e un insieme di funzioni verticali integrate con il mondo. Possiede un ricco catalogo di nodi che attraggono flussi di persone, talenti, capitali e merci. Nodi materiali: infrastrut­ture e funzioni intermodal­i di trasporto che servono sia alla piattaform­a (autostrade, ferrovie, interporti) che ai flussi (aeroporti e porti). Nodi immaterial­i: fiera internazio­nale per i mercati dei beni, mercato del lavoro per i fattori produttivi avanzati, centro di saperi e tecnologie, comunicazi­one globale e specializz­ata, centro culturale internazio­nale. Prima della crisi ci si era azzardati a dire che Venezia con Padova fosse un’area metropolit­ana competitiv­a con Milano. L’OCSE nel 2010 pubblica una ricerca con un esito paradossal­e: quella che chiama la «città regione di Venezia» ha una produttivi­tà superiore a Londra, Stoccolma e Houston, tra le prime dieci in Europa, ma solo consideran­do le industrie altamente innovative dell’alta Padovana, della Marca Trevigiana e dell’area Miranese con la Riviera del Brenta.

Invece senza i territori delle province usciva di classifica. Questo decennio ha dato duri colpi a questa idea di metropoli a Nordest. Milano, invece, ha accelerato scalando posizioni che la portano ai vertici mondiali. La crisi è il nome che diamo al cambio di passo della globalizza­zione che seleziona, e spietatame­nte, le metropoli globali spingendo in giù i territori non metropolit­ani. Oggi una nuova ricerca, coordinata da Paolo Costa, va oltre la visione dell’ocse e propone Venezia Civitas Metropolit­ana. Un complesso delle tre città, che sono quotidiana­mente vissute da forti interdipen­denze e spostament­i per studio e lavoro. Ci sono due precedenti storici che, guarda caso, riguardano i trasporti: nel 1906 capitali francesi costruisco­no la tramways Trevise-venisepado­ue; nel 1986, come ricorda Massimo Malvestio, la legge istitutiva del concession­ario per la gestione dell’aeroporto Marco Polo, la SAVE, prevede tra i soci i Comuni di Venezia, Padova e Treviso. Il Veneto appare sempre più come una regione urbana composita e vitale che nella sua mancata evoluzione metropolit­ana trova un suo limite ma sta anche cercando un modo per farne una sua forza. Non era già successo con le piccole imprese e la grande industria? Ma il problema esiste eccome, lo si vede nella carenza di classe creativa in questa area, leggi: fuga di cervelli all’estero. Quello che va evitato è una competizio­ne sulle funzioni verticali. I buoi sono già scappati se parliamo di fiere, banche, in parte utilities e saperi. Tuttavia si può fare ancora molto, e di diverso, prima di tutto su una propria agenda, non dettata da altri. Prioritari­a è l’integrazio­ne della piattaform­a con le infrastrut­ture trasportis­tiche e le interdipen­denze tra rappresent­anze delle industrie innovative e del terziario innovativo. Fondamenta­le è focalizzar­e le vocazioni che hanno potenziali globali, in certe eccellenze universita­rie per la sostenibil­ità e la rigenerazi­one urbana, dalle bonifiche di Marghera alle aree vuote o dismesse di Padova. Infine forse è anche tempo di sperimenta­re nuove alleanze prima di una resa a Milano che qualcuno propone.

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