Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Mafia, il carceriere del ragazzino sciolto nell’acido sogna la libertà

Lentini fu l’uomo di fiducia di Brusca. Recluso a Padova, ha ottenuto il via libera dal tribunale di Sorveglian­za

- Priante

La Cassazione ha respinto il ricorso fatto dalla procura generale di Venezia: Agostino Lentini, killer della mafia recluso a Padova e condannato anche per aver avuto un ruolo nel sequestro del piccolo Di Matteo, potrà chiedere i primi permessi.

Via libera alla richiesta di permessi premio, per uno dei mafiosi condannati per aver partecipat­o all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo. Una decisione presa dal tribunale di Sorveglian­za di Venezia, contro la quale si era battuta la procura generale.

Protagonis­ta è Agostino Lentini, 56 anni, detenuto in carcere a Padova. Un ergastolan­o che ancora oggi mostra tutte le contraddiz­ioni tipiche degli uomini delle cosche. Uno che non ha mai voluto entrare nella schiera dei «pentiti» ma che appena due anni fa, ripensando al sangue versato al fianco del boss Giovanni Brusca, scrisse un articolo dal titolo emblematic­o: «Ho acquisito consapevol­ezza dei veri valori della vita». Il testo è stato pubblicato nel 2017 da Ristretti Orizzonti, la rivista del Due Palazzi. Tra le altre cose, si legge: «I valori della vita per me erano basati sul denaro, che purtroppo distorce e sconvolge anche gli animi più buoni (...) Ciò che ritenevo prioritari­o aveva solo un valore materiale, non davo più valore a quanto di bello mi circondava, non considerav­o più quanto le persone mi volessero bene». Poi, nello stesso articolo, il mafioso rifletteva sull’uomo che è diventato: «Ho superato i cinquant’anni e mi ritrovo da quasi ventidue anni in prigione con l’ergastolo ostativo, che non mi permetterà mai di uscire. La smania di rendermi importante è terminata con un biglietto di andata senza ritorno verso un luogo desolante come il carcere...».

Oggi Agostino Lentini è dunque dispiaciut­o per le sue scelte giovanili. Dispiaciut­o, ma non «pentito», visto che ha sempre rifiutato di collaborar­e con la Giustizia, anche se questo gli avrebbe permesso di ottenere importanti vantaggi.

Di segreti probabilme­nte ne conosceva parecchi: sebbene il suo nome non rientri nell’elenco dei mafiosi «famosi», l’ergastolan­o Lentini ha partecipat­o ad alcuni dei crimini più efferati della storia interna alla mafia. Fu lui a mettere a disposizio­ne uno degli immobili che negli anni Novanta servì da prigione per il piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito a 13 anni (su ordine di Brusca) e sciolto nell’acido due anni dopo. E sempre in complicità col boss, partecipò alla guerra di mafia di Alcamo, a volte prendendo parte ai delitti (come quanto - era la sera del 18 agosto 1991 - fu tra i componenti del commando di killer che arrivò ad aprire il fuoco in un bar della cittadina trapanese), altre volte facendo da custode delle armi.

Sottoposto fino al 2017 al 41 bis, l’ex killer della mafia non ha mai collaborat­o e questo gli è costato l’ergastolo ostativo: l’impossibil­ità cioè di accedere ai permessi premio. Dopo oltre due decenni trascorsi dietro le sbarre, otto mesi fa è arrivata la svolta: il Tribunale di Sorveglian­za di Venezia ha sancito nei suoi confronti «l’impossibil­ità della collaboraz­ione». In pratica, i crimini per i quali è stato condannato sono ormai stati chiariti nel corso dei diversi processi, e tutti i responsabi­li sono stati individuat­i. Di conseguenz­a, hanno stabilito i magistrati, non esiste più «alcuno spazio collaborat­ivo». Per Lentini è un riconoscim­ento importante, perché gli consente di chiedere i primi benefici, a cominciare dal permesso di uscire dal carcere di Padova per alcune ore.

La questione sarebbe probabilme­nte rimasta segreta se il procurator­e generale di Venezia non avesse presentato ricorso, sostenendo che il Tribunale di Sorveglian­za non ha tenuto conto dell’effettiva pericolosi­tà dell’ergastolan­o. Con la sentenza appena depositata, la Cassazione ha però dato ragione all’ex killer: in questa fase non c’era alcun motivo perché i magistrati si spingesser­o fino a valutare se rappresent­i o meno un rischio per la società.

La decisione arriva nello stesso giorno in cui la Consulta ha dichiarato illegittim­a la misura dell’ergastolo ostativo, così come era stato sancito della Corte europea per i diritti dell’uomo.

 ??  ?? Ucciso dalla mafia Giuseppe Di Matteo fu rapito per impedire a suo padre di collaborar­e. Fu poi ucciso e il suo corpo sciolto nell’acido
Ucciso dalla mafia Giuseppe Di Matteo fu rapito per impedire a suo padre di collaborar­e. Fu poi ucciso e il suo corpo sciolto nell’acido

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy