Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Sì alle indennità ma i Comuni vanno aggregati
Il giornale ha il pregio di affrontare un tema sovente rimosso: le autonomie locali. La storia della Repubblica è stata caratterizzata da un ruolo propulsivo delle amministrazioni circoscrizionali, comunali e provinciali. Tutti i tornanti storici li hanno, infatti, visti protagonisti a cominciare dall’evento della prima elezione per le donne italiane, la consultazione amministrativa, in cinque turni, del 10 marzo 1946. La stagione del «disgelo costituzionale», cioè dell’inizio dell’applicazione del dettato costituzionale, ha visto la spinta determinante delle elette e degli eletti enti locali: dalla riforma della scuola media, quella socio-sanitaria, quella sul decentramento e la partecipazione, le leggi urbanistiche.
Quella stagione è stata caratterizzata da personalità di amministratori – non solo sindaci – eletti dal popolo come consiglieri comunali Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Aldo Aniasi e nella nostra regione Mario Rigo, Gianni Pellicani e Cesare Crescente. Tutti amministratori privi dei poteri speciali dei sindaci, ma muniti di autorevolezza e capacità di mediazione che li rendeva al contempo uomini di partito e primi cittadini dei loro territori.
Dal 1993 è stata introdotta l’elezione diretta del sindaco, riforma che ha trasformato i sindaci in veri e propri monarchi dei territori in cui vengono eletti con poteri di scioglimento dei Consigli comunali, di nomina e revoca degli assessori e con poteri normativi propri, le famigerate ordinanze contingibili e urgenti. La legittimazione elettorale e il potere diffuso ed esclusivo non paiono, nell’ultimo quarto di secolo, aver migliorato né la qualità dell’amministrazione né il peso politico dei sindaci. Il legislatore statale – di tutti i principali colori politici – ha considerato Comuni e Province guardando solo ai vertici e ha ridotto il numero dei componenti degli organismi collegiali esecutivi (giunte) e di indirizzo (consigli). I sindaci, dunque, si sono trovati sempre più soli, costretti al decisionismo e supportati da un personale dipendente sempre più ridotto. Prosperano, invece, le amministrazioni parallele. Enti di diritto pubblico o privato cui il legislatore ha affidato il potere decisionale sui servizi pubblici, ancora una volta senza legittimazione democratica.
La soluzione parta pure da una revisione di indennità e gettoni agli eletti: cominciando col prevederli per i consiglieri metropolitani e provinciali, che oggi lavorano gratis. Non bisogna, tuttavia, perdere l’occasione per discutere altri quattro temi: la dimensione e l’aggregazione dei Comuni, l’elezione popolare delle Città metropolitane e delle Province, la democratizzazione di organi politici allargati nei numeri e resi più partecipati, infine il controllo sui servizi e le risorse pubbliche.