Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Rifiuti tossici sotto strade rurali Parti civili 14 Comuni polesani
Udienza preliminare a Venezia con tre indagati. Costituita anche la Provincia
Salgono a 14 gli enti locali polesani parte civile nel procedimento, in udienza preliminare a Venezia, per il traffico illecito di rifiuti sepolti nelle «capezzagne», le strade sterrate di servizio agli appezzamenti coltivati tra loro adiacenti di oltre cento Comuni del Nord Italia. Ad avere presentato la richiesta, ieri accolta dal Gup (Giudice dell’udienza preliminare), i Comuni di Arquà, Badia, Calto, Canda, Casteguglielmo, Castelnovo Bariano, Costa, Giacciano con Baruchella, Occhiobello, Pincara, Trecenta, Stienta e la Provincia di Rovigo. All’udienza di ieri si è aggiunto il Comune di Salara. Prossimo appuntamento il 12 febbraio 2020. Qualora si vada a processo, come spiega l’avvocato rodigino Palmiro Franco Tosini che assiste sette Comuni polesani e 4 veronesi, «le richieste di risarcimento saranno molto consistenti».
In Polesine sono Giacciano con Baruchella e Trecenta quelli più coinvolti dall’inchiesta condotta dalla Dda (Direzione distrettuale anti-mafia) veneziana. Sotto le «capezzagne» dei due paesi sarebbero finite ceneri pesanti e sostanze quali cloruro, rame, nichel, piombo oltre al tossico e cancerogeno cromo esavalente. Rifiuti smaltiti formalmente come conglomerati ecologici certificati. Nello specifico, a Trecenta in località Corbottolo a inizio 2014 sarebbero state sepolte 7.732 tonnellate di rifiuti spacciati per conglomerati ecologici. A Giacciano, in località Barchetta, cinque anni fa sarebbero finite 900 tonnellate di rifiuti.
Tre gli indagati per traffico illecito di rifiuti: il rappresentante legale della «Tavellin Green Line» di Cerea (Verona) Giuseppe Domenico Tavellin, 59 anni, residente nel comune veronese; l’altro 49enne di Cerea Stefano Sbizzera, e il 58enne di Minerbe (Verona) Luciano Manfrin. Per la Dda veneziana, i tre avrebbero tratto un ingiusto profitto abbattendo in modo illegale il costo di rifiuti da smaltire.
Riguardo invece le sei condanne e le due assoluzioni piene dell’altro ieri per le quattro morti sul lavoro del 22 settembre 2014 alla «Coimpo» di Adria, per eventuali ricorsi in Appello la Procura di Rovigo attende le motivazioni della sentenza. I «punti dolenti» per l’accusa sono le assoluzioni dell’ex impiegato «Coimpo» Mario Crepaldi, 64enne di Adria uscito indenne dal processo e tutti quelli riguardanti l’imputazione — mossa a sette imputati su otto — di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.
Intanto per il presidente della Provincia Ivan Dall’ara, parte civile nel processo, «c’è soddisfazione per la sentenza Coimpo, Palazzo Celio è stato rimesso davanti al giudice civile per la quantificazione del danno». Sulla bonifica del sito produttivo «Coimpo», fallita nel gennaio 2018 e in custodia giudiziaria al Comune di Adria, Dall’ara spiega che «è stato aperto un tavolo tra Provincia e Comune di Adria. Servono circa 4 milioni di euro per riqualificare l’area».
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