Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Venezia, Zaia: basta con i referendum E i separatisti fanno un partito
La consultazione flop (solo un veneziano su 7 ha vitato «Sì» alla separazione tra Venezia e Mestre) ha spinto il governatore Luca Zaia a una dichiarazione tranchant: «Ora basta con i referendum». Il sindaco Luigi Brugnaro ha invece scelto la linea della condivisione: «E ora ripartiamo tutti uniti». Intanto i separatisti annunciano che si presenteranno alle prossime comunali: «Siamo il primo partito», assicurano.
Le dichiarazioni d’amore tra Venezia e Mestre è meglio lasciarle da parte il giorno dopo il flop del referendum separatista schiantatosi sull’affluenza più bassa di sempre: 21,7 per cento. Anche perché, come ha commentato ieri il presidente della Municipalità di Marghera Gianfranco Bettin «dopo il referendum restano i problemi di prima». Grandi navi, turismo, residenti che lasciano il centro storico (ma anche la terraferma), acqua alta, alcuni dei quali dipendono pochissimo dal Comune. «E nessuno di questi problemi dipende dal fatto che il Comune sia uno», precisa il sociologo. Forse non è una caso che la sua Municipalità sia il territorio dove hanno votato solo dodici elettori su cento e la vittoria dei No sia stata straripante. Moltissimi sono veneziani, non solo cittadini del Comune, ma proprio veneziani della Venezia d’acqua, originari di lì, scaraventati al di la del ponte. E il legame resta, guarda caso per la prima volta è stata proprio la terraferma ad opporsi alla separazione (solitamente la spinta maggiore arrivava da Mestre), assopita da un dibattito meno interessante del solito, soffocando sul nascere il Sì, scelto complessivamente da solo un cittadino su sette.
Le due città così restano ancora unite, respingendo per la quinta volta la spinta separatista, anche se i Sì hanno superato i contrari (66 contro 44) con il quorum distante anni luce. E anche se a Venezia l’85 per cento ha scelto la divisione, perché guardando i numeri assoluti è evidente come i 19 mila i veneziani che hanno chiesto l’autonomia rappresentano il 25 per cento del totale (nemmeno uno su 10 a Mestre). Troppo pochi, considerando che mai come questa volta, l’astensione aveva il valore del No, mettendo assieme i contrari alla divisione e gli insofferenti al quinto tentativo. «Non è la vittoria dell’astensionismo, ma la sconfitta dell’idea di separazione in una città che da 40 anni ribadisce la propria dimensione una e unica», ha commentato il Comitato Venezia «Una e Unica». «Penso che la democrazia abbia avuto il suo corso ma quando due persone su dieci vanno a votare significa che il tema non interessa. Si dovrebbe ragionare sulla ciclicità, stabilendo che qualora andasse male ci sia una arco temporale per non riproporre il referendum. Ma soprattutto dopo cinque tentativi penso sia assurdo pensare di presentarlo ancora una volta», entra gamba tesa il governatore del Veneto Luca Zaia. Il flop del referendum di suddivisione di Venezia e Mestre è stato di una portata, che nemmeno gli unionisti potevano sperare: l’affluenza al 21,7 per cento è il record negativo di sempre, nemmeno il quesito sulla legge elettorale del giugno 2009 ha fatto peggio (fermandosi 23,3). «Rispettiamo tutti ma la volontà di Venezia è molto chiara, città unita e unica — è intervenuto il sindaco Luigi Brugnaro
—. Adesso voltiamo pagina, insieme, senza polemiche, bisogna continuare a lavorare a testa bassa. Ci è stata data una importante dimostrazione di fiducia, io per primo devo esserne degno».
I risultati vanno così già in archivio anche se rimangono quei segni rossi ben evidenti a partire dalla marea di Sì a Venezia, che mostrano una situazione di difficoltà soprattutto della città storica che Luigi Brugnaro non può far finta di non vedere. Fra cinque mesi si vota e per i separatisti i 30 mila voti sono diventati un punto di partenza. «Bisogna riattivare e potenziare, come strumenti tendenti all’autogoverno delle comunità, l’esperienza delle Municipalità che l’attuale amministrazione ha brutalmente svuotato — suggerisce allora Bettin — e innovare fortemente le politiche per la città, a cominciare da quelle per sostenere la possibilità di abitarla e viverla anche nella parte “sull’acqua”». La maggiore insofferenza arriva proprio da lì.
” Bettin Dopo il referendum restano i problemi di prima Occorre innovare le politiche per la città
” Unionisti Non è stata la vittoria dell’astensionismo, ma la sconfitta dell’idea di separazione in una città
”
Il sindaco Adesso voltiamo pagina, insieme, senza polemiche, bisogna continuare a lavorare