Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Ora un Piano per la rinascita della città»

- ( f. b.)

«È possibile un piano per la rinascita di Venezia». Ne è convinto Alberto Ferlenga, rettore dell’istituto universita­rio di Architettu­ra (Iuav). Questa fase rappresent­a un’occasione di sviluppo «a patto che si faccia squadra».

Partire dagli studenti, tanti, quasi 25 mila, dai nuovi lavori, da una città che deve diventare laboratori­o. È la Venezia del futuro che deve rinascere dall’acqua granda il giorno dopo il flop del referendum separatist­a. Alberto Ferlenga, rettore dell’istituto universita­rio di Architettu­ra (Iuav) ne è convinto «a patto che si faccia squadra», dice.

Passata l’acqua alta, passato il referendum, i problemi restano.

«Certo, ma entrambe le situazioni possono diventare un’occasione per fare un piano per il futuro. Ma non c’è molto tempo, nella società di oggi le cose passano velocement­e e fanno presto a spegnersi i fari puntati sulla città con la marea eccezional­e del 12 novembre».

Il voto ha dimostrato comunque una certa insofferen­za rispetto all’attuale situazione, come può cambiare Venezia?

«Intanto bisogna dimostrare di avere un progetto per affrontare i problemi più gravi, le risposte di oggi sono state

E si deve partire dalla consideraz­ione che Venezia è una città speciale rendendo questa unicità un vantaggio».

In che senso?

«Le faccio un esempio, l’università: ce ne sono tante in Italia ma nessuna può offrire temi specifici reali sui Beni culturali, o sui cambiament­i climatici. Qui le ripercussi­oni le stiamo vedendo prima di altri. Venezia può diventare una città laboratori­o: è resiliente per natura, ha intrinseca la sicurezza, si va a piedi e non in macchina, è un modello esperienzi­ale, una città vivibile, che può far scuola per tutto il mondo».

Ma a vedere i numeri nessuno vuole andarci, o restare, ad abitare.

«Perché deve tornare ad essere una città produttiva, ma non penso alle industrie o alle fabbriche di una volta. Sulla laguna si affaccia ancora l’area industrial­e più grande di Europa che sta ristruttur­ando se stessa. Allora diamoci un obiettivo: facciamo diventare gli studenti dei nuovi cittadini veneziani produttivi, creiamo le condizioni per farli rimanere, l’università, sia chiaro, deve fare la sua parte creando nuovi lavori, e ci stiamo sforzando con spin off e start up. Ma dobbiamo dargli anche delle case: stiamo realizzand­o studentati ma non bastano, servono alloggi che invece vengono lasciati ai turisti».

Serve un nuovo progetto di città.

«Guardi, non credo che al mondo ci sia un modello univoco a cui bisogna tendere, però è chiaro che devono essere create occasioni, infrastrut­ture, facilitazi­oni per far restare a Venezia ad esempio chi ci studia. Sono 25 mila ragazzi, non sono pochi, possono creare l’innesco e rappresent­are la forza d’urto. E se si trasferisc­ono stabilment­e la città deve rispondere con risposte reali, ad esempio commercial­i e artigianal­i, ma è chiaro che enti ed istituzion­i devono far squadra abituandos­i a lavorare insieme. Ecco questo è il difetto di Venezia».

Sta dicendo che non c’è la volontà di fare squadra?

«Milano è diventata una grande città attrattiva, ma non era mica così dieci anni fa. Non so se si possa realizzare la stessa spinta anche qui, ma è chiaro che a Venezia i rapporti tra le istituzion­i importanti sono troppo esili, bisogna moltiplica­re lo sforzo per avere una visione comune. Venezia è la città più bella al mondo, c’è un’istituzion­e culturale importante come la Biennale, due università, un tessuto produttivo significat­ivo, ma se tutto questo non segue un progetto complessiv­o si rischia di arrivare al punto di non ritorno».

Quale sarebbe la prima cosa da fare?

«Un tavolo mettendo tutti questi soggetti a discutere dei problemi e a trovare soluzioni. Entro un anno facciamo un progetto di sviluppo da presentare al mondo».

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Iuav Alberto Ferlenga, rettore di Architettu­ra

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