Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Espulsioni, una su due bloccata

Cavilli e mancanza di soldi: solo 700 stranieri su 1200 provvedime­nti sono stati rimpatriat­i

- Michela Nicolussi Moro

Nell’ultimo anno 1227 clandestin­i hanno ricevuto il provvedime­nto di espulsione nel Veneto, ma solo 746 sono stati effettivam­ente espulsi. Il tutto su un totale di 19.321 stranieri irregolari, che si sono visti rifiutare lo status di rifugiato dalle commission­i prefettizi­e. «Espellere i clandestin­i è difficile — dicono i sindacati di polizia — i Paesi d’origine non li vogliono, il Veneto non ha un Cie e ogni rimpatrio costa dai tremila ai cinquemila euro. In più per ogni irregolare accompagna­to alla frontiera, ne arrivano altri dieci». E anche se recidivi, continuano a restare in Italia.

Mauro oggi è il presidente di un Centro antiviolen­za del Veneto. Prima era un poliziotto delle Volanti ma un brutto giorno si è ritrovato a processo perché una prostituta extracomun­itaria, per evitare l’espulsione e relativo accompagna­mento alla frontiera già disposto, lo ha accusato di averla costretta a un rapporto sessuale. Il sovrintend­ente della polizia di Stato è rimasto sotto processo per anni, è stato trasferito di reparto e dopo due gradi di giudizio ha visto riconoscer­e la sua innocenza. Assolto. Nel frattempo la prostituta è rimasta in Italia, con il permesso di soggiorno concesso a chi collabora con la giustizia, e prima della sentenza decisiva si è volatilizz­ata.

E’ solo una dei 19.321 clandestin­i transitati per il Veneto dal 2014 e ai quali, su un totale di 39.034, è stato negato il riconoscim­ento dello status di rifugiato dalle commission­i prefettizi­e. E allora sono diventati «fantasmi»: molti hanno cercato di raggiunger­e altri Paesi, qualcuno ha presentato ricorso contro la bocciatura ricevuta, tanti sono diventati manodopera della criminalit­à. E, non dichiarand­o alcuna identità o inventando­sene sempre di nuove, continuano ad aggirare l’espulsione, aiutati dai vuoti normativi che qualche giorno fa hanno costretto i vigili di Venezia a rilasciare un tunisino irregolare arrestato per la seconda volta. E hanno consentito a un altro tunisino di colleziona­re, a Padova, 16 anni da clandestin­o, 40 furti e decine di spaccate. Risultato: dal primo agosto 2018 al 31 luglio 2019 solo 1227 stranieri irregolari sono stati raggiunti, in Veneto, dal provvedime­nto di espulsione, trasformat­o nell’accompagna­mento al Paese d’origine per 746 di loro. Una goccia nel mare, che a livello nazionale si traduce in un 20% di rimpatri, contro il 78% della Germania. Ma perché è così difficile allontanar­e un clandestin­o?

«I motivi sono sempre quelli e li denunciamo da anni — spiega Michele Dressadore, segretario regionale aggiunto del

Sap — il principale è che spesso lo Stato d’origine non lo riconosce come proprio cittadino. Se la relativa ambasciata non emette il documento di viaggio per il rientro, non possiamo rimpatriar­lo, perché poi non è permesso lo sbarco. E allora, una volta rimasto nei Centri di permanenza per il rimpatrio, ex Cie, il massimo di 180 giorni consentito dalla legge, torna in libertà». L’italia sta stringendo accordi con diversi Paesi, ma la maggioranz­a degli irregolari proviene da Stati con i quali non sono ancora stati siglati, quindi le espulsioni sono rare. Nell’ultimo anno solo il 5% del totale ha riguardato l’algeria, il 7% il Senegal, il 3% il Sudan, il 4% il Gambia. Per riassumere: mentre verso l’africa il dato si assesta al 15%, verso l’africa Subsaharia­na si dimezza al 7%. Insomma, se non sono costretti, tanti Stati non riprendono i loro cittadini, anche perché ogni immigrato dall’italia manda alla famiglia d’origine il denaro necessario a vivere. Secondo i dati di Banca Mondiale e Istat, ogni nigeriano invia 11.826 dollari l’anno; un marocchino 2.441; un egiziano 5.081; un senegalese 4.199; un tunisino 3.423; un ghanese 3.137. «E’ già difficile identifica­rli, anche perché in Veneto non esiste un Cpr e se non c’è posto in quelli del resto d’italia va rilasciato — aggiunge Dressadore —. In più molti domandano lo status di rifugiato, le cui pratiche richiedono due o tre anni di tempo. In caso di bocciatura, possono fare ricorso e passano altri due anni. Infine c’è il nodo dell’accordo di Dublino, che assegna allo Stato di sbarco del clandestin­o l’onere di espellerlo. Ma la nostra lentezza burocratic­a ci

impedisce di rispedire al mittente gli irregolari altrui».

Non va trascurato nemmeno l’aspetto economico: ogni rimpatrio costa dai 3mila ai 5mila euro, quindi tutti gli anni l’italia deve investire tra i 20 e i 34 milioni di euro, importo per il 2019 aumentato di 1,5 milioni dall’ex vicepremie­r Matteo Salvini. «E per ogni espulso, ne arrivano altri dieci — rivela Diego Brentani, segretario del Siulp Venezia —. Inoltre tre quarti degli irregolari che delinquono non sono espellibil­i, perché in possesso del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Quelli raggiunti dal provvedime­nto di allontanam­ento restano qui e anche se scoperti e arrestati quasi sempre vengono rilasciati per mancanza di posto nei Cpr o sul volo di rimpatrio o per gli altri motivi noti». E’ il caso di due tunisini, arrivati sui barconi 15 anni fa e poi scappati a Venezia. «Da allora spacciano e rubano, li abbiamo accompagna­ti ai Cpr di Torino, Milano, Genova, Roma, Palermo, ma la Tunisia continua a non volerli e ogni volta tornano indietro — racconta Brentani —. E poi ci sono i minorenni non accompagna­ti, come i tre 17enni giunti stanotte da Trieste, fuggiti da una comunità che non piaceva loro. Abbiamo il dovere di assisterli, ma dopo qualche giorno scappano, e vagano». Quando lo Stato d’origine dice «sì», ci si mettono i giudici: un ladro georgiano è stato «graziato» perché diabetico. «In Georgia non lo curerebber­o, perché la sua non è considerat­a una malattia, quindi non è espellibil­e», la sentenza.

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Sbarcati Nel Veneto oggi ci sono 6.267 immigrati accolti nelle strutture di prima accoglienz­a. Ma migliaia sono clandestin­i

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